Ancora sulla meritocrazia in Italia.

 

 
 
 
 
 
 
 
 

 

 Di Andrea Atzori

  

Sempre sul tema della meritocrazia , ho un’altra esperienza personale molto significativa, al fine di comprendere bene il funzionamento del principio meritocratico italiano. Come detto, sono laureato in giurisprudenza dal lontano 1975, all’università di Cagliari. Presso il tribunale di Cagliari ho svolto la pratica professionale forense. Ero iscritto all’albo dei patrocinatori legali e frequentavo uno studio legale, come tutti i praticanti neolaureati. Come patrocinatore legale, ebbi l’avventura di cimentarmi nella mia prima causa presso una pretura circondariale del Tribunale di Cagliari. Si trattava di una vecchia causa, in cui si contestava il possesso di un terreno e che aspettava da anni la sua conclusione, nonostante il mio cliente avesse già cambiato tre avvocati tra i più rinomati di Cagliari. Accadde ciò che nessuno si aspettava, che cioè vinsi questa causa nel giro di pochi mesi. La vittoria era netta ed incontestabile, perchè si basava sulla escussione di testimoni. La controparte appellò la sentenza dinanzi al tribunale di Cagliari, competente per territorio, tramite un avvocato di Carbonia di nome Anselmo Garofano. Correva l’anno 1978. Questo avvocato era fratello di un prete, parroco in un paese limitrofo alla città di Carbonia. Inoltre, era presidente del consorzio industriale di Portovesme, uno dei più importanti poli industriali europei e candidato senatore nelle liste della Democrazia Cristiana, in occasione delle elezioni politiche in corso di svolgimento proprio in quel periodo. Per sostenere la sua campagna elettorale era arrivato nella sede DC di Carbonia, nientemeno che l’allora Presidente del Consiglio Francesco Cossiga, colui che poi sarebbe diventato, di lì a poco, presidente della repubblica. Perdere la causa d’appello vinta in primo grado da un semplice praticante patrocinatore legale alla sua prima causa, per il  noto avvocato con più di un ventennio di esercizio professionale alle spalle, era un’onta insopportabile. Si risolve, pertanto, a ricorrere alle sue solite armi di legale imbroglione già noto alla procura per le denunce presentate dalle sue innumerevoli vittime. Produsse, al giudice del tribunale, una fotocopia dell’atto di costituzione in giudizio nella causa di primo grado dinanzi al pretore, che risultò, da perizia svolta su incarico del giudice, una falsificazione del documento originale. Infatti, poichè in quegli anni si battevano gli atti con le macchine da scrivere, come copie si usavano le veline.  La procura del cliente risultava solo dall’originale nel quale veniva apposto il timbro e le firme del cliente e dell’avvocato per autentica. L’avvocato Garofano, fece, pertanto, ricorso ad un suo trucco di legale scaltro e navigato in questo genere di falsificazioni, usando la copia dell’atto di costituzione in giudizio allegata al fascicolo d’ufficio, che era, come detto, una velina, per sovrapporla ad un foglio di carta bollata in bianco e farsene una fotocopia, dalla risultava in trasparenza il bollo del foglio bianco, tanto da farlo sembrare un originale nel quale non compariva la procura. Egli, con questo, accusava, oltre al sottoscritto, anche il cancelliere della pretura, di avere collaborato a sanare successivamente, quando ormai il fascicolo della causa era depositato presso il Tribunale, il vizio dell’atto che integrava un’ipotesi di nullità assoluta dello stesso. Infatti, nell’originale dell’atto in  questione, presente nel fascicolo d’ufficio custodito presso la cancelleria del tribunale di Cagliari, la procura risultava validamente apposta. Come suo dovere, il giudice al quale la causa era stata assegnata, trasmise la denuncia al procuratore della repubblica per le indagini di competenza.  In effetti, l’ormai ex pretore, dinanzi al quale venne svolto il primo grado della causa, venne promosso procuratore della repubblica proprio in quel periodo. Sul suo tavolo pervenne la denuncia del Tribunale contro l’avvocato Garofano. Egli, pertanto, conosceva bene quella causa e sapeva che l’atto in questione era regolare sotto il profilo procedurale, diversamente ne avrebbe rilevata la nullità d’ufficio. Considerata la gravità dell’accusa, calunnie nei confronti del sottoscritto e del cancelliere, oltre alla soppressione del fascicolo d’ufficio che l’avvocato Garofano sottrasse alla cancelleria del tribunale e non restituì mai, alla procura non rimase altra chance che ordinare l’arresto dell’avv. Garofano. In effetti era stata questa la classica goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Infatti quest’uomo era già stato oggetto di numerosissime denunce nel corso della sua attività professionale. Pertanto, anzichè a Palazzo Madama, finì a Buoncamino, il carcere di Cagliari. L’evento di cronaca venne riportato dalle prime pagine di tutti i giornali ed i telegiornali. In effetti era il primo caso, in Italia, di arresto di un avvocato nell’esercizio della sua attività professionale. Dovetti rendermi conto di essere, all’improvviso divenuto famoso. Non ero più una persona sconosciuta al pubblico. Mi accorgevo di non passare inosservato. Purtroppo, a dimostrazione del fatto che le caste esistono, mi attirai contro l’odio di tutta la classe forense. Gli anni che seguirono furono un vero e proprio inferno. Venivo sempre bocciato agli scritti dell’esame di procuratore legale con gli stessi voti assai scarsi, come fosse una presa in giro e non riuscivo a trovare lavoro. Arrivai a denunciare penalmente la commissione dell’esame di procuratore legale, ma questa denuncia, come normale che avvenisse in Italia, venne archiviata. La mia forza d’animo mi aiutò a non darmi per vinto e riuscii ad ottenere il mio primo insegnamento dopo sedici anni  dalla laurea dopo che scoprii con le mani nel sacco il provveditorato agli studi di Cagliari che mi aveva sottratto una supplenza annuale che mi spettava e che avevano, invece dato ad una collega. Ma era, ormai, già l’anno 1991. Nel corso di questo insegnamento, superai lo scritto per l’abilitazione ordinaria, ma venni bocciato all’orale nel corso di un esame che si protrasse per oltre un’ora e mezza, per non avere risposto ad una domanda di diritto commerciale che volutamente, fu posta male. Infatti mi chiesero di parlare delle azioni gratuite, di cui non sentii mai parlare, perché l’argomento era quello dell’aumento di capitale a titolo gratuito. Il presidente di quella commissione d’esame, venne subito eletto come senatore nelle liste di Forza Italia, e lo stesso Berlusconi, molto spesso ai convegni se lo portava al suo fianco. Dopo quella esperienza di insegnamento, non ebbe più altre supplenze. Era già il 1997, quando, su domanda, venni assunto all’Inps come lavoratore socialmente utile. Dopo quasi quattro anni, passai di ruolo. Scappai dalla Sardegna, chiedendo il trasferimento in Abruzzo. Sono stato due anni alla sede provinciale Inps dell’Aquila. Poi ottenni il trasferimento alla sede di Napoli Vomero. Dove tutt’ora mi trovo. All’università Federico II di Napoli ho conseguito nel 2004, la seconda laurea in Scienze politiche, in seguito al superamento dell’ultimo esame, che mi era rimasto dopo il trasferimento dalla facoltà di scienze politiche di Cagliari. Infatti, nonostante avessi già superato tutti gli altri esami, ero fermo da sei anni per  la lingua inglese. Ultimo baluardo insormontabile che veniva frapposto da questa università tra me e l’auspicata laurea. Lo stesso sistema adottato per la laurea in giurisprudenza, che mi venne bloccata per un anno solo per l’ultimo esame, dal 1974 al 1975, che fu anche l’unico ad essere stato ripetuto nel corso della mia carriera universitaria in quella facoltà. Ciò che dimostra in modo lampante, quanto il mondo forense sia corrotto, è il fatto che superai l’esame di avvocato a Napoli nel 2006, in seguito ad una prova scritta svolta nel 2004. Cioè il primo anno che in cui venne introdotta la riforma degli esami di avvocato varata dal ministro Castelli. Cioè il nuovo sistema delle correzioni delle prove scritte che non doveva essere fatto presso la stessa Corte d’Appello in cui la prova era stata svolta, ma presso una corte d’appello diversa. In quell’occasione in cui ebbi la felice esperienza di superarla, gli scritti vennero corretti presso la Corte d’Appello di Milano. Mentre gli scritti di Milano, vennero corretti a Napoli. Un validissimo sistema utile per eliminare alla fonte la gravissima corruzione in cui questi esami erano immersi. Ebbene, poiché, considerato l’alto numero di prove scritte da correggere, per Napoli oltre 4000, le operazioni di correzione si protraggono per quasi un anno, succede che, al momento in cui si conosce l’esito degli scritti, è già bandito il concorso per il nuovo anno. Non avendo già sostenuto gli orali, anche coloro che hanno già superato gli scritto dell’anno precedente, ripetono la prova per quello successivo, in modo da non perdere l’eventuale chance di un’altra prova, nel caso in cui venissero bocciati all’orale che, normalmente si svolge in primavera. Ebbene, non dico bugie, perché ci sono le prove intangibili ed in contestabili, trattandosi di concorsi statali, ho superato entrambe le prove scritte, la prima corretta come detto a Milano, la seconda a Bologna. A Napoli, prima di questa riforma, su quattromila concorrenti, venivano nominati 4000 avvocati, cioè tutti. Dopo l’introduzione della riforma Castelli, la prova non viene superata da neppure un terzo dei concorrenti. Una selezione severissima, come doveva essere. Perché le università sfornano solo laureati incapaci ed impreparati anche se con il massimo dei voti, il classico 110 e lode. Però non valgono un  fico secco. La classe accademica italiana è un fallimento! Nella primavera del 2006, dunque,  sono diventato avvocato in seguito al felice esito anche della prova orale. Morale della favola, la classe forense è marcia e corrotta fino alle più profonde midolla. A Cagliari non sarei mai diventato avvocato. Ho potuto superato le prove scritte solo dopo che sono divenute seriamente selettive e meritocratiche. Eppure ero una grandissima promessa per l’avvocatura italiana, oltre, forse, un grande personaggio politico, perché il merito della sconfitta professionale dell’avvocato Garofano era da riconoscere ed ascrivere alle mie capacità professionali. Però, mentre l’Italia abbonda di avvocati che sono solo dei grandissimi bidoni, proprio lo scrivente non esercita, in quanto, conoscendo bene l’ambiente infido, per l’amara esperienza professionale subita, si guarda bene dal lasciare il suo sicuro, neanche tanto,  e neppure tranquillo, lavoro statale. I grandi privilegiati sono solo e  sempre i belli di papà. Ci sono migliaia di avvocati, ma chi lavora veramente, sono poi coloro che ereditano gli studi legali già avviati.  La mia storia è un po’ simile a quella del film di Francis Ford Coppola “L’uomo della pioggia”. Consiglio chi non lo ha visto di andarsi a comprare subito il DVD. Un capolavoro, una grandissima opera d’arte. Questo film finisce con le parole del giovane avvocato che, nonostante il suo successo professionale alla sua prima causa contro un colosso dell’assicurazione, dichiara “Il mondo degli avvocati è come uno stagno maleodorante in cui nuotano gli squali, per questo non farò più l’avvocato!” Ecco, se questa è la c.d. meritocrazia italiana, ebbene, signori, forse i cinesi hanno qualcosa da insegnarci! Perché hanno i loro sistemi per eliminare i corrotti. Il successo dell’economia cinese ed il fallimento di quelle del mondo occidentale è legata a questa sottile differenza. Ma l’Italia poi, è veramente roba da terzo mondo. Gli avvocati, i giudici, gli accademici che aprono le buste delle prove scritte dei concorsi pubblici, sono dei veri delinquenti, e come tali devono essere trattati. Al contrario in Italia vengono osannati e premiati. Non so quanto sia determinato il premier Monti ad introdurre la meritocrazia in Italia. Ma so quanto i tentativi e le millanterie di raggiungere questo obiettivo, siano molto spesso ed anzi quasi sempre solo un metodo usato per togliere anche quelle poche garanzie e tutele che ancora ci restano!