Ammainato il tricolore. Da chi? Dalle forze dell’ordine. Incredibile.





Di Andrea Atzori


Lo spirito secessionista ha pervaso anche le forze dell’ordine? Alla manifestazione della Lega nord, a Milano, succede l’impossibile. La Digos, ordina ad un drappello di socialisti che sbandieravano uno striscione tricolore, di ammainarlo, al fine dichiarato, di evitare reazioni violente dei militanti leghisti. Di primo impulso, dopo aver appreso  questo strano fatto di cronaca,  ho avuto l’impressione che la nostra polizia di Stato non abbia ancora assimilato bene l’idea che lo Stato a servizio del quale opera non è la Padania, ma L’Italia.  Si insiste per dipingere il movimento leghista come inquadrato dentro al sistema costituzionale, in quanto non responsabile di alcun atto eversivo. L’opinione diffusa è che non costituisca un vero pericolo per la sopravvivenza dello Stato italiano, in quanto, non capace di intraprendere azioni di vero attacco armato alle istituzioni repubblicane. Insomma, si continua a dare credito alla ridicola, teoria berlusconiana, secondo cui le minacce di Bossi all’unità nazionale sarebbero solo esagerazioni, frutto di innocenti smargiassate tra compagni di baldorie alle osterie paesane. Eppure, proprio le forze dell’ordine, implicitamente, anche a chi non vuole credere a tutti i costi, fornisce la prova schiacciante, che la Lega nord è temibile e già dispostissima ad attaccare militarmente lo Stato italiano. Perchè è divenuto più facile battere in veloce ritirata, ammainando la bandiera italiana, per sottrarsi al confronto ed allo scontro. Quella bandiera nazionale, simbolo della patria, che tutti gli eserciti al mondo, considerano un tradimento ed un’onta personale degna di punizione solenne, ammainare di fronte ad un nemico, schierato in modo minaccioso e pronto a dare battaglia. La lega nord, ancora non si risolve alla guerra aperta ed armata, proprio perchè le forze dell’ordine arretrano e si sottraggono allo scontro. Non perchè timide e vigliacche, ma perchè, a mio modesto avviso, colluse. Abbiamo troppi esempi, anche recenti, di manifestanti inermi attaccati e massacrati di botte, oltre a quello dell’attacco proditorio alla scuola Diaz, nel corso del G8 di Genova.   Si direbbe che l’Italia sia, ormai, rimasta la patria della povera gente, non dei potenti che sono diventati leghisti. Un revanscismo fascista che ricomincia da dove aveva terminato la sua opera, alla fine ingloriosa e perdente dell’ultimo conflitto mondiale.  Cioè dalla dissoluzione del territorio nazionale, ormai, occupato e reso preda e schiavo dell’esercito nazista di Hitler. Gli Usa che pure hanno favorito e lasciato fare, ciononostante, sono il nemico giurato che aspetta dietro l’angolo il momento giusto per chiudere il conto rimasto  in sospeso. Molto difficilmente si riuscirà a risolvere in modo pacifico la crisi internazionale pronta a scoppiare  alla minima scintilla, dopo che tutte le condizioni siano maturate in modo lento ma progressivo. La levata di scudi della ministra Severino, se non seguita da azioni concrete, dirette ad estirpare il marcio, non sarà sufficiente ad invertire questa tendenza al laissez-faire. Il tricolore ha perso quella forza e quel valore unificante, nel quale gli italiani si sono riconosciuti per un secolo e mezzo.  Anche se tanti, anche insigni studiosi, non hanno capito o fingono di non aver capito, che il risorgimento non fu un fenomeno storico esclusivamente italiano. Esso affondava le sue radici nel romanticismo e come tale traeva la sua energia spirituale da una corrente filosofica e letteraria non solo europea ma mondiale. Fu una fiamma ardente che attraversò in lungo ed in largo ed incendiò, tutta l’Europa e l’America Latina. Il mondo ne uscì trasformato, quasi irriconoscibile a se stesso. Non si illudano i nuovi barbari che le lancette della Storia possano essere riportate in un passato storico ormai superato dal percorso culturale dello spirito umano. Chi ci crede non ha le basi culturali per capire, si fa illudere dalle frottole di Bossi e dei suoi allegri compari.  In questi momenti tanto drammatici in cui, persino i governanti delle maggiori potenze, sono confusi e frastornati, non riuscendo a leggere cosa si prepari oltre la cortina fumosa del precipitare degli eventi, la storia sta preparando e maturando il suo nuovo mondo. Cioè il suo futuro, non il suo passato. Il mondo medioevale di Alberto da Giussano è sepolto per sempre nel suo oscuro e tenebroso secolo. Volente o nolente l’Uomo sarà costretto a cambiare, a percorrere il  suo cammino umano illuminato dal progresso e dalla verità, fino in fondo. Costerà fatica e sofferenza e sarà sempre, però, una lezione di vita, per chi la saprà interpretare. Ma gli uomini dimenticano presto gli insegnamenti e ricadono di nuovo nell’errore. Che nessuno sarà mai disposto a riconoscere ed ammettere!