Il progetto europeo finito nel cesso della Bundesbank!

  
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Di Andrea Atzori
Doveva costituire la prova di un rinato spirito di pace e concordia tra i popoli del vecchio continente, scoperto e liberato dopo il catastrofico esito dell’ultimo conflitto mondiale. Le spade appese al muro per evitare nuove terrificanti esperienze belliche come quella appena conclusa. L’Europa, da sempre teatro di guerre sanguinarie, inizia un percorso di fratellanza diretto alla costruzione di uno Stato che unifichi tutte le nazioni, mettendo fine alle divisioni e alle contrapposizioni fondate su insofferenze e intolleranze di natura antropologica e razziale. La verità, però, come sempre succede anche nelle migliori famiglie, proprio perché la conoscenza reciproca aiuta a comprendere meglio i pensieri e la volontà dei congiunti, viene a galla nei momenti più difficili, quando le crisi scoppiano all’improvviso senza che fossero neppure state previste. Il cammino europeo, si viene a scoprire solo oggi, essere fondato sul mero interesse economico e finanziario? Tutti i partner europei erano perfettamente consapevoli del fatto che alcun legame comune li univa al di fuori di quello, egoistico e venale, di arricchimento degli uni a danno degli altri. Anche solo il pensiero di cessione di una minima parte della sovranità nazionale, era sufficiente ad innescare un processo di reazione e repulsione che funzionava bene da termometro per misurare il grado di buona fede di ciascuno di essi nei confronti degli impegni comunitari. Popoli come i britannici, i belgi, i danesi gli olandesi ecc., retti da monarchie millenarie, attaccati a questa istituzione in modo endemico e sviscerato, come dimostrato dai festeggiamenti per il cinquantenario della corona di regina per Elisabetta II, solo uno sciocco sprovveduto avrebbe mai potuto neppure credere fossero seriamente orientati verso un percorso di fusione in uno Stato Europeo, di nuova formazione. La Gran Bretagna rifiutò fin dall’inizio di entrare nel sistema monetario unico europeo, a conferma del suo ferreo, totale, assoluto ed incrollabile istinto nazionalistico. Il vantaggio dell’introduzione di un sistema monetario unico, dentro ad una comunità legata solo da interessi economici, doveva necessariamente produrre una gravissima anomalia, determinata dal fatto che i membri economicamente più forti, avrebbero avuto buon gioco nell’impadronirsi delle risorse economiche di quelli deboli. Gli economisti italiani e stranieri hanno un gran da farsi nel cercare di convincere l’opinione pubblica che l’unica strada percorribile sia quella della permanenza nell’area euro, mentre l’ovvietà dei fatti e l’evoluzione degli eventi, è tale da non lasciare alcun margine al dubbio. Nessuno ha grande interesse all’Europa politica, mentre tutti ne hanno sempre avuto per quella economica, come terreno adatto, per fare affari plurimiliardari. L’Europa come mercato economico, in cui le garanzie di libero scambio e parità di diritti, ha consentito ai paesi più forti di impossessarsi di gran parte della struttura economico industriale e finanziaria di quelli meno evoluti. Paesi come Italia e Spagna hanno visto progressivamente passare in mano straniere il controllo della maggioranza delle azioni delle società fiore all’occhiello della loro industria. Chi non ricorda la lotta scatenatasi a livello politico per l’acquisizione, da parte delle compagnie di volo francesi e tedesche, della nostra Alitalia, ormai sull’orlo del fallimento? Le condanne contro l’Italia da parte della comunità europea per la violazione della parità di diritti derivanti dai trattati comunitari, in occasione delle numerose OPA lanciate da società straniere per l’acquisto delle più importanti industrie ed istituti finanziari nazionali, non si contano. Questi sono i lauti affari che l’Europa ha fruttato per le nazioni che oggi, fanno appello esclusivo all’efficientismo industriale e alla rigida tenuta dei conti pubblici, un limone da spremere fino all’ultima goccia e poi buttare come buccia inservibile. L’Italia, sta subendo l’onta di un governo tecnico, inutile e dannoso, che dopo tanti sacrifici imposti alle classi sociali meno abbienti, concretantisi in una vera e propria demolizione dello stato sociale di cui l’Italia era un esempio nel mondo, a parte i puri riconoscimenti formali, in cui i leader stranieri si sprecano, ben sazi e fieri per la conseguita umiliazione e limitazione di sovranità imposta al nostro paese, non ha prodotto alcun effetto positivo e concreto, nella lotta alla crisi per cui è stato messo al comando. Il declassamento dell’Italia da parte delle agenzie di rating, l’aumento continuo dello spread ne sono una prova. Mentre le richieste di ulteriori limitazioni alla sovranità nazionale, da parte dei tedeschi, in particolare della Bundesbank e del suo presidente, si fanno sempre più pressanti. Le dichiarazioni fatte a Londra da Mario Draghi, presidente della BCE, di disponibilità a qualsiasi sforzo, per la salvezza dell’Euro e dell’Europa, in quanto non esistono alternative, sono state stoppate dal presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, per il quale l’acquisto dei bond italiani da parte della BCE, lede il principio dell’indipendenza di questo istituto. Weidmann sostiene che come maggiore banca di tutta l’Europa, la Bundesbank, ha una diritto di imporre la sua volontà all’interno della BCE. Nonostante, nel consiglio di amministrazione della BCE, la linea di Draghi avesse ottenuto la quasi totalità dei consensi, a parte quello di Weidmann, Mario Draghi è stato assai più cauto nella sua successiva pronuncia sull’entità dell’intervento della banca europea a favore dei paesi debitori. Le leve del comando sono tutte in mano tedesca, non esiste alcuna unione europea. I mercati finanziari che avevano risposto positivamente alle affermazioni precedenti di Draghi a favore della salvezza della moneta unica, con una risalita delle borse europee, e una discesa dello spread, hanno in seguito, ceduto al pessimismo e le borse hanno chiuso in forte calo. Fin dalla prima comparsa del fenomeno della crisi dell’Euro, avevo ben previsto questo attacco alla moneta unica da parte degli stessi istituti finanziari delle nazioni ricche dell’Europa, che mai avrebbero pensato di agire allo stesso modo contro la loro moneta nazionale se fosse rimasta in vigore. Questo significa che i tedeschi sono i principali ideatori ed artefici di questa crisi e degli attacchi ai debiti sovrani dei paesi mediterranei. Purtroppo i nostri super Mario sono tali solo in Italia, ma non all’estero. Se la Bundesbank, per bocca del suo presidente, afferma che tenere lo spread alto funziona come stimolo ai paesi non virtuosi, per continuare sulla strada dei tagli alla spesa pubblica, significa che, fin dall’inizio, artificiosamente, lo spread veniva fatto lievitare verso l’alto, dalle banche tedesche con il beneplacito del governo di Angela Merkell. Questa è la prova inconfutabile che la crisi dell’euro e l’attacco agli Stati sovrani dell’area del mediterraneo, in primis la Grecia, è stato studiato a tavolino dalle potenze occidentali più forti economicamente e militarmente  e che questa crisi è solo di carattere ideologico. Come ho sempre sostenuto, si sta procedendo con l’opera di smantellamento dello Stato sociale dei paesi del mediterraneo, ritenuti troppo sbilanciati a sinistra, con connotazioni  di stampo socialista. La guerra idelogica è stata scatenata da tempo, all’interno della stessa UE. I paesi del mediterraneo sono stati balcanizzati ed il finale scontato sarà, verosimilmente, una resa di conti militare tra le superpotenze.  In effetti, il nuovo colonialismo europeo è cosa già fatta, in assenza di strappi da parte delle vittime ormai già, quasi del tutto domate.  Chi ancora spera nel superamento dello stato di crisi è solo un illuso.  Nel prodigarsi nello sforzo di eseguire gli ordini ricevuti dalla cancelliera Merkell, i c.d. compiti a casa, Monti si trascina tra Italia, dove, con vena da scolaretto diligente, continua imperterrito nell’opera di demolizione dell’apparato statale, e Germania, dove alla professoressa Merkell, chiede di ottenere l’esame e correzione dei compiti fatti, ed il massimo dei voti. Ogni tanto si avventura, perfino in America, per ottenere le lodi del preside Obama. Purtroppo, la sua ultima trasferta in terra tedesca ha ottenuto un poco lusinghiero esito, a causa dell’incauta accusa rivolta al parlamento italiano, nel tentativo di ingraziarsi ancor più le benevolenze della sua Mecenate e benefattrice, di essere antitedesco. Gli esponenti di spicco del parlamento tedesco hanno colto subito la palla al balzo, per buttare benzina sul fuoco, considerato il loro totale contrasto con le richieste italiane di mettere in comune il debito pubblico dei paesi in crisi. I governi nazionali non devono frenare i parlamenti, onde evitare il rischio di regimi antidemocratici in Europa. Poiché i tedeschi, in specie le forze politiche di opposizione sono contro gli aiuti ai paesi indebitati, ben vengano i malumori e i sentimenti ostili alla Germania. Se pensiamo che alle prossime elezioni in Italia e Germania, vinceranno i partiti antieuropeisti, possiamo trarre le conclusioni della direzione verso cui le due democrazie sono proiettate. Certo, l’Europa ha bisogno di tanta democrazia in più, ma con, ben chiara, la coscienza della realtà di fatto, il fallimento del progetto di costruzione di un’Europa unita politicamente. Un progetto mai esistito, perché si trattava solo di un mastodontico equivoco. Quello di sfruttare un mercato economico comune per fare affari. Alla luce degli eventi di questi ultimi anni, possiamo concludere che alcuni hanno avuto fortuna e si sono arricchiti, altri, al contrario si sono ridotti in miseria. Ed, oggi, l’Europa si riscopre più divisa che mai.