L’escalation della guerra in Siria. Monito della Russia ad Israele ed alla Nato.

Di Andrea Atzori
 
 
Gli avvenimenti bellici in Siria si stanno delineando , progressivamente e precisamente, nella pienezza della potenzialità globalizzante delle questioni internazionali interconnesse. A creare ed accrescere a dismisura la confusione e la diffidenza reciproca tra i protagonisti coinvolti, contribuisce in modo determinante, la malafede e le false rappresentazioni della verità con cui si tenta di giustificare questa guerra. Nata solo per ordine e nell’interesse di dinastie arabe bramose di appropriarsi, a tutti i costi, delle risorse energetiche di cui abbonda il territorio siriano, e per esigenze analoghe dell’amministrazione statunitense, oltre che per disegni geostrategici preordinati al controllo e dominio totale di un’area geografica importante per il progetto di rovesciamento violento dei poteri costituiti nel cuore del continente asiatico. I motivi reali di questa catastrofe nazionale che si è abbattuta sulla Siria, non sono di politica interna ma di intromissione esterna da parte di potenze decise, inesorabilmente, ad andare fino in fondo nel conseguimento dei loro inconfessabili e reconditi intenti. Qatar ed Arabia Saudita mirano ad usare il territorio siriano per il passaggio di oleodotti e gasdotti attraverso cui alimentare l’Europa di risorse energetiche che la rendano libera ed immune dalla dipendenza dalla Gazprom. Ad osservarlo ed analizzarlo, con gli occhi imparziali di un osservatore esterno, questo attacco furioso e furibondo, senza quartiere ed alcun senso di rispetto per i più elementari principi del diritto internazionale, eseguito con il dispiegamento di forze militari brutali, selezionate apposta tra le più spietate organizzazioni terroristiche mussulmane, ed ingentissime spese, che solo Stati forti e ricchi come quelli occidentali e mussulmani quali Qatar ed Arabia Saudita, possono permettersi, somiglia molto al dramma della caccia, che belve sanguinarie scatenano contro vittime quasi inermi, nelle savane africane. In effetti, questa politica internazionale, perseguita dagli Stati Uniti d’America, diretta a rovesciare i regimi assoluti mussulmani per impiantare democrazie, non ha alcun fondamento giuridico e neppure coerenza di comportamento in rapporto alle decisioni assunte dai vertici statunitensi, nel secolo scorso. Non esiste alcun principio condiviso, nel diritto internazionale, che giustifichi un’aggressione militare ad una nazione senza alcun valido motivo se non quello di incompatibilità di natura ideologica. Per arginare il rischio di diffusione dell’ideologia socialista in Sud America, vennero sostenute, dalle amministrazioni americane di turno, dittature fasciste feroci e crudeli che scomparvero solo dopo il crollo dell’Unione sovietica. Dopo la vittoria riportata in nord-Africa, contro le dinastie regnanti ed i regimi costituiti, conseguite con il sistema delle bande di terroristi internazionali, armate dagli occidentali, i venti di guerra sempre più minacciosi hanno cominciato a gonfiarsi ed espandersi, lambendo frontiere di sempre più numerosi Stati, finora dormienti in un sonno millenario, all’ombra delle moschee. A forza di erodere l’integrità territoriale di comunità nazionali, legittimamente costituite e destabilizzare un’intera area di importanza geostrategica fondamentale per gli equilibri di forza su cui si basa l’ordine mondiale degli Stati, prima o poi, doveva accadere che l’attrito con gli interessi consolidati delle potenze euroasiatiche in quelle stesse regioni , dovesse produrre scintille minacciose e pericolose, in grado di provocare un incendio indomabile. Nello sfondo a questa situazione di gravissima crisi internazionale, domina sovrano il problema del conflitto di religione che oppone ebrei, cristiani e mussulmani. La grande famiglia mussulmana non può non essere solidale con il terribile dramma sofferto dal popolo palestinese, a rischio genocidio a causa dei bombardamenti aerei di Israele sulla striscia di Gaza, in cui a perdere la vita sono, soprattutto, innocenti bambini palestinesi. Iran e Siria sono due Stati mussulmani alleati contro Israele nella guerra che la oppone ai palestinesi. Israele teme il nucleare in Iran ed auspica un attacco militare decisivo contro il regime Iraniano che proprio in questi giorni torna alle urna per eleggere il suo nuovo presidente. Ma teme anche le armi chimiche della Siria ed il suo appoggio militare ai guerriglieri Hezsbollah, in guerra perenne e non risolutiva contro Israele. Sta accadendo che proprio il ricorso all’aiuto di questa agguerrita e forte organizzazione di combattenti di origine libanese, sta risollevando le sorti di Al-Assad, il presidente siriano, e del suo esercito di lealisti, dovuto, proprio alla particolare preparazione e predisposizione di questi uomini armati per la guerriglia. L’esercito siriano era concepito e formato sul modello di quello sovietico, possente ma lento e compatto, adatto per gli scontri diretti su grandi spazi, non per i combattimenti contro gruppi armati dispersi su punti strategici di controllo del territorio, in particolare quartieri urbani, dove la lotta si fa serrata, casa per casa. La sconfitta dell’esercito russo in Afghanistan, fu proprio dovuta a questa sua incapacità di affrontare una guerra non tradizionale, non tra eserciti dispiegati e fronteggiati in battaglia, ma contro una guerriglia arroccata in punti strategici e nevralgici difensivi, capace di colpire all’improvviso e ritirarsi senza lasciare tracce di sé. La nuova strategia di combattimento introdotta dagli Hezbollah, un manipolo di appena 5000 uomini, sta conducendo la Siria alla vittoria sulle orde di terribili terroristi, attirati nel territorio della Repubblica islamica dalla presenza dell’oro nero, il petrolio, di cui fanno incetta, e dai tesori di arte e di reperti archeologici che trafugano come sciacalli per venderli poi ad americani ed occidentali. Quando la guerra in Siria è iniziata, americani ed israeliti, non avevano previsto che Russia e Cina avrebbero garantito pieno sostegno ad Al-Assad. In particolare Israele pensava ad un intervento militare immediato da parte delle potenze atlantiche, sulla scia di quello che era accaduto in Africa settentrionale. Cioè una “no- Fly zone” e conseguente collasso dell’esercito siriano, privato del controllo totale dei cieli nazionali. L’opposizione di Russia e Cina in seno al consiglio di sicurezza dell’ONU, ha cambiato completamente le carte in tavola, i rapporti di forza. La Nato teme la globalizzazione del conflitto, ben cosciente del disastro immane che ne seguirebbe e l’ inevitabile sua prosecuzione all’infinito, fino alla definitiva distruzione di ogni forma di vita sul pianeta Terra. Non ci sarebbero né vincitori né vinti. Nonostante i moniti continui lanciati alla Siria, non si risolvono ad un attacco, in quanto sarebbe una violazione del veto imposto da Russia e Cina alla risoluzione ONU, e, pertanto, sufficiente a giustificare un intervento nel conflitto da parte delle due potenze asiatiche. Israele non accetta questo empasse, e preferisce non aspettare la decisione della Nato, intervenendo direttamente nel conflitto con veloci raid dei suoi cacciabombardieri, che già per due volte sono penetrati nei cieli siriani, colpendo obiettivi strategici ed arrivando, persino a sganciare micidiali missili sulla città di Damasco. Ma pare che anche truppe armate israeliane siano direttamente penetrate in territorio siriano, per dare man forte ai ribelli ed intercettare ed annientare i convogli di armi iraniani diretti ad approvvigionare le forze lealiste. Infatti è stato catturato dall’esercito siriano, un intero drappello di soldati israeliani con i suoi mezzi di trasporto. In particolare l’ultimo lancio di missili contro un convoglio iraniano che trasportava armi per le truppe di Assad è stato di una violenza terrificante, tanto che dalle immagini che con difficoltà sono state diffuse in internet, parrebbe trattarsi di una deflagrazione nucleare. Questo evento ha già provocato le rimostranze della Russia che a margine dei colloqui sostenuti a Soci dal presidente Putin, in preparazione della convenzione di pace Ginevra2, con i capi di Stato coinvolti nel conflitto, ha ammonito Netanyahu di non osare ancora in simili violazioni dello spazio aereo siriano, perché troverebbe la Russia pronta ad attenderlo. Infatti, Putin ha proceduto alla consegna immediata, all’esercito siriano, dei modernissimi missili antinave ed antiaereo, YaKhont, frutto di tecnologia avanzatissima, capaci di sventare qualsiasi tentativo di imporre un embargo navale per un intervento diretto in Siria da parte della Nato od istituire una no-Fly zone. Sono missili lunghi più di sette metri dotati di un sistema tecnologico d’avanguardia, capace di sfuggire ai rilevamenti radar e di trasportare un carico enorme di esplosivo in grado di affondare ogni tipo di nave. Inoltre sfrutta un sistema di posizionamento mobile che la rende praticamente invulnerabile. La batteria di missili antiaereo S.300, ha una potenza tale da renderla in grado di abbattere settanta aerei in una sola volta. Testimonianza della serietà di Mosca nel difendere il suo alleato è data dalla decisione di spostare nel Mediterraneo una flotta di navi composta da unità in parte sottratte a quella del Pacifico ed in parte a quella del Baltico. Infatti all’indomani stesso della notizia che gli americani avevano già posizionato al largo delle coste siriane la loro portaerei Nimitz, ha fatto ingresso nel mediterraneo la flotta russa con la sua nuova portaerei Admiral Kuznetsov. Erano venti anni che la marina russa era assente nel mediterraneo, da quando l’implosione dell’Unione sovietica aveva determinato e deciso il ritiro nel 1992, della sua potente flotta navale da questo mare. Dieci navi a cui si aggiungeranno altre unità provenienti dal Mar nero, si sono dirette dapprima verso un porto di Cipro, per poi dislocarsi di fronte al porto siriano di Tartus, dove Mosca tiene una sua base militare. Dalle dichiarazioni provenienti dagli ambienti dell’esecutivo russo, questa decisione sarebbe preordinata ad evitare colpi di mano della Nato in attesa della conferenza di pace da tenersi a breve scadenza, come detto a Ginevra, a cui Putin esige la presenza dell’Iran ed a cui il Presidente Assad ha finora rifiutato la sua, non considerando accettabile l’intromissione di governi stranieri nel determinare il destino della Siria, in quanto deve essere solo la volontà popolare siriana, attraverso libere elezioni, a decidere chi deve governare il suo paese.