Il Jobs Act di Matteo Renzi, arma letale contro il pubblico impiego. Prime vittime i vigili urbani di Roma.

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Di Andrea Atzori

La guerra, senza esclusione di colpi, tra pubblico e privato non accenna a calmarsi. Uno scontro, che si trascina dai tempi della guerra fredda, quando ancora l’Italia era considerata oltre oceano, un paese a rischio comunismo e iscritto, con caratteri di fuoco, dentro la lista nera degli Stati canaglia. Tanto da essersi reso necessario, per poterlo riportare alla normalità da loro concepita ed auspicata, destabilizzarlo per stabilizzarlo, cioè assassinare il più nobile dei suoi presidenti, Aldo Moro e formare una scia di sangue, ricordata dalla storia come anni di piombo, in cui stragi spietate hanno diffuso sterminio e morte in mezzo alla popolazione incolpevole ed ignara.

Attentati terroristici di una violenza inaudita, mai sperimentata in altri paesi occidentali. Questo, detto per inciso, per far capire o per non far dimenticare, quale sia la posta in gioco, gli interessi coinvolti e soprattutto le origini e la matrice, di questa guerra che contrappone la comunità organizzata in Stato ai portatori di nuove pretese e rivendicazioni sul potere pubblico. Lo Stato non è di tutti, la collettività non esiste e la sovranità non appartiene al popolo. La classe dirigente politica e clericale, unitamente all’imprenditoria ed all’alta finanza, sono i soli esclusivi, padroni dello Stato. Come l’ape o la formica regina, ha sempre più bisogno di essere saziata ed ingrassata, senza soste e senza limiti, vuole tutto per se stessa.

Ben decisa ed intenzionata a rovesciare il tavolo, ha messo sul piatto della bilancia la sua supremazia militare, non tenendo in alcun conto la circostanza che la morte scatenata da una guerra globale, non avrebbe lasciato sul terreno di battaglia né vincitori né vinti. La “Larva regina” non ragiona, non vuole sentire questioni o discussioni, è abituata solo a dare ordini e comandare ed è pronta anche a morire!

Succede che l’accanimento dimostrato da politici, religiosi ed imprenditori, nel perseguimento di questo progetto di occupazione di potere e risorse pubbliche, nel nostro paese è superiore a quello di tante altre nazioni occidentali. I nostri governanti, probabilmente, sono spronati in ciò, come risulta anche dalle continue accuse provenienti da Bruxelles, dalla comunità europea, decisa a sradicare dal tessuto sociale nazionale, ogni possibile e residua inclinazione verso forme di organizzazione collettivista.

Senza neppure scomodarsi di modificare gli articoli della costituzione che prevedono, come capisaldi di democrazia, le numerose forme di tutela del contraente debole del rapporto di lavoro, cioè il lavoratore, al datore di lavoro viene riconsegnato, integralmente, tutto quel potere e libertà che esso aveva riconosciuto nel regime fascista, cioè quello imperante in Italia, prima della pseudo liberazione di cui si vantano essere stati protagonisti gli alleati anglosassoni!

Forme di tutela e garanzia comunque di per se stesse inadeguate e non efficaci, se si considera che, la crisi di cui soffre il sistema economico nazionale, non è dovuto ai limiti sofferti dall’imprenditore nel licenziare la dipendente che “non gliela da” e nell’assumere invece quella che si presta. Ma è proprio tutto il contrario. Cioè proprio dovuto al vizio tutto italiano di inserire nei posti chiave dell’amministrazione dell’azienda e nei processi di lavorazione degli stabilimenti, personale raccomandato, incapace e del tutto incompetente.

Ho avuto occasione di leggere in questi giorni, un articolo scritto e diffuso da un noto manager italiano che ha fatto carriera all’estero e che lamentava, appunto, il fatto che in Italia, l’imprenditore non riesce a capire bene neppure la distinzione fondamentale tra impresa individuale, società di persone e le società di capitali. Questo lo porta, persino, quando da imprenditore individuale abbia l’avventura di crescere e trasformare la sua impresa in società di capitali, a non comprendere la differenza che passa tra un manager di società per azioni ed un imprenditore.

Infatti, spiegava questo connazionale ormai trapiantato all’estero, la caratteristica dei gruppi industriali italiani, anche grandi e famosi, è che a capo degli organi societari, non stanno mai manager scelti per il loro merito, ma, quasi sempre, stretti familiari dell’azionista di maggioranza. Egli spiegava come, i grandi marchi della moda tipo Gucci o Trussardi, per fare solo degli esempi, nei posti di responsabilità tengono sempre figli o parenti e non professionisti scelti per merito, in base ai risultati che si desidera conseguire. Sono convinti che una società per azioni possa essere organizzata e funzionare come un’impresa individuale! Non riescono a capire la differenza.

Ecco spiegato il motivo per cui il sistema rivendicato dall’imprenditoria nostrana e recepito dalla nostra classe dirigente fascio-clericale, non solo non risolverà il problema della crisi profondissima in cui sono precipitate le aziende italiane, ma lo aggraverà, persino! La causa del male, infatti, non è la protezione accordata dalla nostra carta costituzionale al lavoratore, ma tutto il contrario, l’arretratezza e l’ignoranza in cui sprofonda tutto sottofondo culturale nazionale; in cui ciò che spicca, in modo sovrano, è solo la boria personale e la presunzione di esseri, altrimenti, invece, assai meschini.

Questa povera bistrattata costituzione, già dichiarata in aspettativa, anch’essa di essere mandata in soffitta, di essere licenziata, come vecchia ed inattuale, antistorica, superata, al contrario, non è mai stata attuata e resa efficace ed operativa, e addirittura da sempre ignorata. Il fenomeno dei raccomandati, nonostante la norma costituzionale del concorso, è tanto evidente nel settore pubblico, al punto che, pure la minaccia da parte dei governi, di licenziamenti in blocco degli statali è stata condivisa con i sindacati, sempre pronti a piazzare i loro favoriti. Senza la connivenza dei sindacati, nessun governo sarebbe potuto arrivare fino a questo punto!

Per rimanere ancorati ai fatti, è accaduto che all’indomani stesso dell’approvazione del Jobs Act, il corriere della sera, quotidiano di chiara estrazione berlusconiana, titola a caratteri cubitali, l’avvenuta consumazione di uno scandalo gravissimo. Secondo il giuslavorista Pietro Ichino, senatore PD, il governo, all’ultimo momento, avrebbe eliminato dal testo legislativo, quella norma che estendeva l’applicazione della nuova legge anche agli Statali.

Infatti, Ichino, oltre ad affermare che gli statali dovevano essere considerati licenziabili come i privati, riteneva pure che un trattamento discriminatorio tra i due settori non fosse possibile. Eppure, sono considerazioni mie, anche la riforma delle pensioni introdotta dal ministro Fornero, di discriminazioni tra dipendenti pubblici e privati, ne ha fatte così tante che si potrebbe parlare di due tipi di sistemi pensionistici, uno per il privato e l’altro per il pubblico.

La verità è che l’ignoranza giuridica, anche di padreterni come Ichino, non conosce confini. Non ci si spiegherebbe, diversamente, come un partito progressista, come sostiene di essere il PD, covi al suo interno serpenti tanto velenosi per l’amministrazione dello Stato e dei suoi dipendenti! La prova più tangibile che in Italia esiste un solo unico partito ed è quello risultante dalla fusione tra PD e PDL; che di libertà e democrazia non ha proprio nulla, trattandosi di dittatura già pienamente in essere!
Renzi e Madia, prontamente interpellati, dichiarano di voler rimediare alla grave mancanza di cui si assumono tutte le responsabilità, attraverso un ulteriore procedimento legislativo da attivare al più presto dinanzi alle camere.

Ma, è questione solo di poche ore, scoppia il finimondo, un terremoto di portata nazionale, che se fosse eruttato, catastroficamente, il Vesuvio, non avrebbe riscontrato altrettanta furiosa eco mediatica. I vigili urbani di Roma, il 31 dicembre, si sarebbero assentati in blocco per malattia, producendo una miriade di certificati medici, tutti falsi. Renzi e Madia, subito prontamente informati, il giorno stesso di capodanno, come si trattasse di un attentato alla sicurezza nazionale, senza mezzi termini, si lanciano in una sequela di insulti al pubblico impiego, facendoci rivivere i momenti più truci di quella guerra tra pubblico e privato di cui si diceva, echi remoti di un Big Bang da ascrivere allo scontro tra i due emisferi del pianeta Terra, Occidente contro Oriente.
Gli Statali pagheranno cotesta arroganza e prepotenza nel ribellarsi agli ordini dei divini regnanti.

Le commissioni parlamentari convocate all’istante per rendere effettive le misure punitive contro il parassita che non solo rifiuta di lavorare senza sosta al servizio del suo padrone, ma divora tutte le risorse finanziarie dello Stato senza nulla lasciare all’ape sua regina. Impiegati pubblici fannulloni, non solo, ma insubordinati, parassiti e devastatori dei beni pubblici. Vermi da schiacciare, in modo spietato.
Oggi, dai vari reportage giornalisti, incessanti, come si trattasse di una questione di vita o di morte, di sopravvivenza della stessa comunità nazionale e sicurezza delle istituzioni, si apprende molto più verosimilmente, che in tutto i certificati medici da valutare sono non più di 45 e che il tutto è accaduto solo per una ripicca di una certa minima parte di dipendenti, ormai esausti dalle continue angherie e vessazioni di cui l’autorità comunale li ha resi vittime, costringendoli a prestazioni non dovute e non remunerate. Non ultimo, ad esempio, il fatto che a capo dell’intera struttura municipale dei vigili urbani sia stato assunto un soggetto non appartenete al corpo di polizia in questione.

Tutto questo can can studiato e sollevato all’esclusivo scopo di dare man forte al governo che si apprestava ad introdurre norme severe dal sapore fortemente punitivo, contro il solito capro espiatorio di una crisi provocata invece, dalla pretesa di una classe dirigente politica di anteporsi allo Stato stesso, di atteggiarsi ed elevarsi essa stessa a Stato, detronizzando ed esautorando il popolo di ogni sua sovranità nazionale. La servilità di una certa stampa nei confronti del governo, in particolare quella berlusconiana, è assai evidente e significativa.

Il governo PD-PDL e l’amministrazione comunale di Roma con il suo sindaco PD Ignazio Marino, già coinvolti in prima persona nei fatti di Mafia Capitale, corruzione senza limiti sotto la lente di ingrandimento degli investigatori delle forze dell’ordine e della magistratura, hanno potuto così deviare l’attenzione dell’opinione pubblica dai fatti che li riguardano, montando, artificiosamente, un fatto di cronaca che consiste in una semplice, umana, protesta e rivendicazione di legittimi diritti, da parte di onesti lavoratori, il cui esclusivo interesse è solo quello di garantire un’esistenza dignitosa alle proprie famiglie.

Come possiamo ben immaginare, cosa di cui mi sono accorto da subito, era impossibile che tutti i vigili della città di Roma, capitale d’Italia, cioè 835 poliziotti municipali, avessero corrotto altrettanti medici di loro fiducia, facendosi rilasciare un certificato medico falso di malattia per l’ultimo giorno dell’anno. Avrebbero dovuto arrestare quasi mille poliziotti ed altrettanti medici. Una vera follia!