Gli Stati Uniti bombardano l’esercito siriano. Violata la tregua. Scontro al Consiglio di sicurezza ONU tra Russia ed USA.

 
 
Di Andrea Atzori
 
 

In Siria è entrata in vigore  il 12 di settembre, una tregua d’armi che vincola i contendenti a cessare gli scontri per 48 ore, eventualmente rinnovabile ogni 48 ore se dimostra di reggere. Questo cessate il fuoco è stato concordato tra i ministri degli esteri russo Lavrov e quello americano Kerry a Ginevra. Esso impegna la Russia e la Siria solo nei confronti dei c.d. ribelli moderati ma non delle formazioni terroriste del Daesh, contro le quali le ostilità possono continuare. Accade però quello che si sapeva essere inevitabile. La filiale di Al Qaeda in Siria, chiamata Al Nusra, di recente ha cambiato il suo nome in Jabath Fatah al Sham, per camuffarsi meglio dentro la galassia dei combattenti siriani per motivi politici; per questo riconosciuti formalmente da Washington come moderati. Fin dall’inizio della rivolta, si è capito che alcuna distinzione è mai esistita tra oppositori politici e guerriglieri terroristi, essendo essi la stessa identica entità. A riprova di ciò, i russi ancora aspettano che gli americani comunichino loro quali siano gli estremi distintivi tra di essi, che siano tali da poter realizzare una demarcazione che consenta alle forze militari della coalizione russa di attaccare gli uni e risparmiare gli altri. Ed anche per poter verificare se la tregua venga veramente rispettata da tutti, compresi quelli che per gli statunitensi sarebbero i buoni da salvare. Ebbene, come detto, gli USA tergiversano da sempre su questa richiesta russa. Il che rende evidente la consapevolezza già acquisita per cui una tale demarcazione è impossibile in quanto non riscontrabile nella realtà dei fatti. In Siria a combattere contro i lealisti siriani, sono, sempre e solo, i tagliagole sauditi. Infatti, come condizione imprescindibile per un accordo di pace in Siria, è stata posta quella della consegna su piatto d’argento, della testa di Assad. Alla Casa Bianca interessa solo questo piccolo particolare. Una resa incondizionata da parte della coalizione a guida russa. La rinuncia alla sovranità nazionale dello Stato siriano. Per evitare l’irreparabile, cioè una guerra globale in tutto il medio oriente e poi nel mondo intero, le due superpotenze, insistono in questa farsa senza senso, destinata a lasciare delusi e disperati i protagonisti di questo macabro scontro senza vie d’uscita. Le avvisaglie di questo prevedibile esito del patto di non belligeranza siglato tra i rappresentanti delle due nazioni protagoniste dello scontro planetario in essere, erano già emerse subito dopo stesso che la notizia era stata diffusa al mondo intero. Infatti, stranamente, gli USA si rifiutavano di pubblicare il testo del trattato con cui la tregua era stata concordata. Per giustificare questo dinnanzi alle impellenti richieste di spiegazioni avanzate dalla controparte, costoro si contorcevano in tutta una serie di scuse senza senso che avevano il potere di accrescere il malcontento, piuttosto che alleviarlo. Tanto da far cadere nel nulla la stessa sessione del Consiglio di sicurezza ONU, espressamente convocata proprio per dibattere sulla recente tregua conclusa a Ginevra dalle due superpotenze. Secondo le spiegazioni fornite dalla diplomazia statunitense, rivelare i dettagli dell’accordo avrebbe messo a rischio l’operazione di aiuti umanitari alle popolazioni civili assediate ad Aleppo. Ma a parte il fatto che finora non si è vista neppure la lontana traccia dell’invio di aiuti umanitari, non è concepibile il rifiuto di rendere pubbliche le clausole dell’accordo destinato ad essere oggetto di approfondita analisi all’interno del Consiglio di sicurezza Onu; tanto che anche la Francia si è associata alla Russia nel pretendere dagli USA la pubblicazione del documento in questione. Altra giustificazione addotta è stata quella per cui prima di divulgare il contenuto dell’accordo sarebbe stato necessario attendere i primi sette giorni di vigenza della tregua, per verificare che questa tenesse, cioè venisse, veramente, rispettata da tutti i protagonisti chiamati in causa. Ma i sospetti che ormai aleggiavano negli ambienti delle diplomazie internazionali e della stampa e dell’opinione pubblica mondiale, erano quelli per cui Washington non aveva alcuna intenzione di rinunciare al suo progetto di rovesciare Assad e sacrificare l’intera struttura militare messa in piedi, con immenso dispendio di risorse finanziarie, a questo scopo. Infatti è arrivata la prova certa della messinscena orchestrata dalla diplomazia USA a danno della Siria, quando sono giunte le notizie dei raid aerei americani, almeno dieci, che hanno colpito la base siriana di Dayr az Zor, postazione strategica per arrivare a Raqqa capitale dello Stato islamico, altrimenti chiamato ISIS. Nei bombardamenti sono morti circa un centinaio di militari lealisti ed altre numerose centinaia sono rimasti feriti. Dopo tali attacchi aerei sono subito entrati in azione i terroristi che hanno fatto piazza pulita dell’avamposto militare siriano proiettato da mesi verso la conquista del territorio profondo in cui è insediato il Daesh. Gli americani hanno con ciò dimostrato di essere determinati nel sostenere il terrorismo islamico, anche attraverso le frodi di negoziati di pace destinati solo a reprimere lo slancio degli eserciti governativi proiettati alla riconquista del territorio violato e alla cacciata degli invasori. Il presidente USA Barack Obama, ha cercato dapprima di giustificarsi affermando trattarsi di un errore, poi ha accusato la Russia, dicendo che era stata avvertita prima. Ma la sconfessione di Mosca è arrivata immediatamente. Anzi, il presidente Putin ha subito dichiarato che la malafede di Kerry nel firmare il trattato era evidentissima. In pratica si è trattato solo di un sistema utile per allentare la pressione dell’esercito siriano intorno alla seconda città della Siria, Aleppo, occupata da Al Nusra fin dal 2012 e già cinta d’assedio da mesi ed in punto di crollare, da parte delle forze della coalizione russa. In costanza della tregua divampano, nuovamente, i combattimenti in tutto il territorio siriano, persino a Damasco. Segno che le file dei guerriglieri sauditi armati dagli occidentali sono state rinfoltite con uomini e mezzi. L’ambasciatore statunitense presso l’ONU, Samantha Power,  ha dichiarato che la guerra contro Assad continuerà fino alla sua eliminazione fisica e che la responsabilità e le conseguenza di questa guerra sono solo sue, per cui non potrà mai esserci alcuna pace in Siria. Il momento parrebbe drammatico. Il solo ostacolo alla guerra totale, difficile da eliminare, parrebbe essere rimasta la determinazione del presidente russo di trattare sempre a tutti i costi, per evitare il baratro. Ma la risoluzione della classe dirigente americana lo lascia senza vie d’uscita e con le spalle al muro. A meno che intenda pagare il costo morale e materiale di una disonorevole ritirata! Gravissime conseguenze non solo per la sua persona ma anche per la sua nazione!