Perchè in Siria è divenuto più probabile uno scontro diretto tra Russia e Stati Uniti.

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Di Andrea Atzori

Con una velocità impressionante, si stanno succedendo in Siria, una serie di eventi bellici che denotano in modo chiaro ed incontrovertibile, quanto la situazione del conflitto in essere stia degenerando ulteriormente; così tanto da indurre molti analisti militari a ritenere che sia già in atto una seconda guerra di Siria, molto più terribile e pericolosa della precedente.

Questa coinvolgerebbe le forze armate di tutti quei paesi che fino ad adesso, hanno agito dietro le quinte, negando di avere nel conflitto, un proprio ruolo personale e diretto. Si pensava finora, dopo l’intervento della Russia e la battaglia vittoriosa di Aleppo, nonchè l’avanzata dell’esercito nazionale siriano che aveva ormai debellato la resistenza dei gruppi jihaidisti nel profondo del territorio desertico fino a Deir Azzor, dove erano stati accerchiati e confinati, che la guerra fosse ormai finita.

Tanto che il presidente Putin aveva già disposto il ritiro di un contingente assai consistente delle sue truppe, fatte rientrare in patria, sulla base di questo presupposto. La realtà però è, molto spesso, un tantino più complessa di quello che sembra essere all’apparenza.

Questa è una guerra molto strana, dura da molti anni ed ha mietuto quasi un milione di vittime, ma ancora non è stato neppure ammesso da tutte le parti che vi partecipano di esserne protagoniste in prima persona.

A prima vista sembrerebbe che a combattere sia solo l’esercito siriano lealista al presidente Assad contro un agguerrito schieramento di truppe armate ed equipaggiate da potenze regionali e altre internazionali, che affermano solo di avere deciso di rovesciare e destituire Assad in quanto crudele e spietato dittatore. Tutto ciò senza mandato ONU e quindi contro la volontà della comunità internazionale.

Questa coalizione internazionale, formata e guidata dagli Stati Uniti, comprende numerose nazioni confinanti con la Siria, come Israele, gli Emirati arabi, il Kuwait, il Barein, l’Arabia Saudita e la Turchia, almeno fino al tentativo di colpo di stato che ha avvelenato i rapporti tra Erdogan e la Casa Bianca.

Una cordata di paesi intenzionati a imporre con la forza e quindi, violentemente, un regime change, in Siria. Ma non si sono presentati alle frontiere siriane con i loro eserciti regolari, come storicamente, siamo abituati a concepire le guerre, ma hanno costruito un’armata potentissima di mercenari, quasi 400.000 miliziani, da loro addestrata, armata e finanziata, al solo scopo di giustificare il tutto, dinanzi all’opinione pubblica mondiale, come una spontanea rivolta del popolo siriano contro il suo dispotico oppressore.

E’ il sistema collaudato delle c.d. primavere arabe che ha insanguinato non solo il Medio Oriente ma anche l’Africa settentrionale. Le cause di tutto ciò le conosciamo: oltre al secolare scontro religioso tra sunniti e sciiti che oppone e divide questi popoli, esistono comprovati motivi di occupazione dei pozzi petroliferi, l’esigenza ed il progetto di aprire una via verso il Mar Mediterraneo, con la costruzione di un oleodotto destinato ad approvvigionare l’Europa ed un piano geo-strategico di accerchiamento ed isolamento del continente asiatico, Russia e Cina in particolare, nell’ottica delle ambizioni imperialiste mondiali statunitensi. Finché non verrà realizzato in pieno il loro programma bellico, gli Stati Uniti non si fermeranno. E’ inutile illudersi, la pace mondiale è un miraggio irraggiungibile. Avanza invece, a passi da gigante, il tempo della guerra, anche mondiale.

Per circa sette anni questa guerra in Siria si è svolta nello scenario delle peggiori atrocità in cui a farla da protagonista indiscusso è stato l’estremismo islamico impersonato da guerriglieri senza alcuno scrupolo di coscienza, armati fino ai denti, con armi, tecnologicamente, ultra avanzate, disposti a tutto e ormai in possesso di enormi ricchezze rappresentate dagli ingenti giacimenti di petrolio di cui questa terra abbonda.

Eppure, nonostante sia evidente il coinvolgimento di tutte le potenze occidentali del patto atlantico che non lesinano sostegno finanziario, militare e mediatico a questa operazione di invasione e assoggettamento al loro potere, di uno Stato sovrano, membro della comunità internazionale, tanto che l’ONU non ha mai autorizzato questa guerra; pur trattandosi quindi, di una plateale violazione del diritto internazionale, ciononostante, si insiste a definirla come guerra di liberazione del popolo siriano da un sistema politico antidemocratico.

Le difficoltà della Siria di rientrare nel possesso integrale del suo territorio, anche dopo l’intervento della Russia, dell’Iran e di Hezbollah al suo fianco, sta tutto in questo particolare, cioè nella questione fondamentale della legittimità giuridica di forze armate come quelle americane ed israeliane di invadere il territorio sovrano di un’altra nazione, di sostenere questo conflitto, sia addestrando e armando un esercito mercenario, sia partecipando attivamente con raid aerei contro le truppe della coalizione russa, sia bombardando le basi militari siriane, sia costituendo proprie basi militari dentro al territorio siriano, con il pretesto di voler combattere l’Isis. Le truppe statunitensi sono già stanziate proprio dove sono ubicati i pozzi petroliferi siriani, con evidenti intenti di impossessarsene.

Mentre Mosca tentava di risolvere il conflitto diplomaticamente, riunendo ad Astana le parti interessate, Washington dichiarava di voler costituire uno Stato indipendente nei territori occupati dal suo esercito. Le forze armate USA sono difficili da snidare dalle regioni in cui si sono arroccate, in quanto ciò presupporrebbe uno scontro diretto con la Russia che, almeno per ora questa vuole evitare. Per vari motivi, Putin non vuole scontrarsi neppure con l’esercito di Netanyahu, in particolare in quanto lo sviluppo dell’economia russa è appena all’inizio anche se sperimenta un periodo di grande evoluzione, specie nel campo tecnologico, assurto ormai ai vertici mondiali.

Sono le stesse considerazioni della Cina che usa la diplomazia per evitare una resa dei conti con l’occidente che per ora non le conviene. Ma Putin, comincia a sistemare le sue pedine geo-strategiche, pronto a far rispettare i paletti che ha fissato. Il problema si verifica quando l’avversario finora, comincia a diventare il nemico di oggi, con episodi che denotano la volontà di venire da subito alle mani.

Ed è il caso, come detto, dell’attacco alla base militare russa o l’abbattimento del caccia russo o ancora l’attacco contro le truppe siriane a Deir Azzor, in cui a rimanere uccisi sono state varie decine di mercenari di cittadinanza russa. Ma già in precedenza, sono caduti molti alti ufficiali russi in attentati terroristi, senza ombra di dubbio, organizzati dagli Stati Uniti, in quanto le coordinate della posizione geografica in cui costoro si trovavano, solo da loro potevano essere conosciute, in quanto dispongono degli strumenti utili a rilevare gli spostamenti dei bersagli sensibili.  

Questa dichiarazione ufficiale del presidente americano Trump, secondo cui stava già addestrando un contingente di 30.000 uomini destinato a controllare le frontiere nord ovest tra Siria e Turchia per destinare questa vasta area alla costruzione di uno Stato indipendente per i curdi dava il destro ad Erdogan presidente turco, di attraversare le frontiere siriane con le sue truppe, per occupare quei territori che, anche Rex Tillerson, segretario di stato americano, in visita ad Istanbul, affermava di voler destinare ad uno Stato indipendente per il popolo Curdo. Erdogan agiva sul presupposto che uno Stato curdo alle sue frontiere sarebbe stato un pericolo gravissimo, insostenibile per la sicurezza nazionale della Turchia.

Nel mentre l’esercito nord americano si ritirava, abbandonando i curdi al loro destino. Malignamente, non v’è chi non veda una mossa astuta della Casa Bianca, diretta a conseguire i suoi scopi di smembrare la Siria e così realizzare i suoi piani senza sparare neppure un colpo. Contro la volontà della Russia che invece, non smette mai di dichiarare, ufficialmente, per bocca del Presidente Putin e di Lavrov, ministro degli esteri, che l’integrità territoriale della Siria è, assolutamente, non negoziabile.

Assad ha già inviato un suo contingente di truppe nella zona di Ifrin per coadiuvare i curdi nella loro impresa di difendere la Siria contro l’invasione turca. Se si sommano tutta questa serie di avvenimenti recentemente accaduti, si capisce che in Siria sta succedendo qualcosa di molto grave che può far credere, appunto, che una nuova guerra, quella, veramente, devastante, sia in preparazione o addirittura, già in corso.

Non per nulla la base militare russa di Hmeimin è stata bersaglio di dodici droni, abbattuti però prima di poter colpire. Un caccia russo è stato colpito da un razzo Manpdap di costruzione americana ed il pilota espulso dalla cabina di pilotaggio si è suicidato con una granata prima di essere trucidato dai terroristi. Si desume da questo evento che il Pentagono sta armando i terroristi con armi ultramoderne per infliggere perdite intollerabili all’esercito russo. Per cui anche la Russia, anche se tardi, sta imparando a dotare l’esercito siriano di missili in grado di abbattere i velivoli ed i missili nemici. 

I raid aerei israeliani in territorio siriano si sono intensificati, ed un caccia F 16 è stato abbattuto dalla contraerea siriana. Primo caso nella lunga storia di eventi bellici tra queste nazioni, ufficialmente ancora in guerra dagli anni settanta, in quanto un formale trattato di pace tra esse non è mai stato firmato. La Siria non aveva mai abbattuto un caccia israeliano, in quanto non possedeva le armi necessarie a questo scopo. Oggi le sono state messe in mano dalla Russia che comincia ad esserne ormai stufa, di tutta questa serie di prevaricazioni! Tutto ciò costituisce anche un solenne monito agli Stati Uniti che dimostrano di essere intoccabili facendo sfoggio di tutto il loro bullismo internazionale. Arroganza e prepotenza senza limiti. Non è certo un caso se la stampa tutta mainstream occidentale accusa in modo forsennato sia la Siria che Mosca per i bombardamenti contro il Ghuta siriano, accusandoli di crimini di guerra. Il presidente francese Macron accusa, addirittura, Assad di preparare un attacco con armi chimiche, da lui definito come linea rossa invalicabile come fece già Obama.

L’occidente non ha mai mosso un dito in difesa dei bambini yemeniti trucidati dai sauditi con le bombe prodotte in Europa. Né ha protestato contro l’apocalittico bombardamento di Raqqa da parte degli USA. Non dimentichiamo che nella guerra USA contro la Corea del Nord degli anni cinquanta vennero fatte circa trenta milioni di vittime. E cinque milioni furono i morti provocati dalla guerra in Vietnam. Tutto ciò, mentre l’ONU dormiva sonni profondi. Ma l’occidente sussulta per i bombardamenti siriani nel Ghuta. Insomma, la coalizione anti Assad non si è mai rassegnata alla sconfitta in questo conflitto e sta preparando la rivincita.

Ma che i russi, mossi forse anche dal fatto di essere stati presi di mira personalmente, con l’attacco alla loro base di Hmeimin ed i connazionali uccisi dai raid aerei americani a Deir Azzor, abbiano cominciato a preparare il grande scontro con gli Stati Uniti appare ormai ovvio e quasi scontato.

Ne è prova il fatto che proprio ad Hmeimim sono stati già dispiegati e schierati quattro caccia Su 57 Pak Fa, di quasi sesta generazione, appena forniti all’esercito per essere testati in battaglia. Arma micidiale nei cui confronti lo F 22 americano sbiadisce come un ferrovecchio.

Ed intanto è quasi pronto anche l’arrivo degli S 500, piattaforme mobili antiaeree ed antimissilistiche uniche al mondo, molto più avanzate persino degli S 400 Triumph, anch’essi di produzione russa, qualcosa di avveniristico. Insomma chi credeva che Putin stesse per disimpegnarsi in Siria, sbagliava di grosso. Per lo scontro diretto contro gli Stati Uniti, manca solo la classica goccia che farà traboccare il vaso.

Post Scriptum

Il consiglio di sicurezza dell’ONU ha approvato nel corso della notte, la risoluzione presentata da Svezia e Kuwait per una tregua d’armi di 30 giorni nel Ghuta, al fine di consentire le operazioni umanitarie, tese a prestare soccorso alle vittime, in particolare a donne e bambini e distribuire generi alimentari di sostentamento e medicinali. La popolazione civile verrà evacuata, mentre i terroristi criminali che non si arrenderanno riprenderanno a combattere alla scadenza della tregua.