IL sistema politico italiano è destinato, ormai, all’appiattimento a destra, con la scusa dell’unità nazionale contro il rischio secessione e colpo di stato.

di Andrea Atzori

La notizia di questi giorni sulla svolta impressa dalla segreteria Bersani alla strategia politica del PD, sta alimentando polemiche interne assai accese da parte della base. Le proteste si appuntano sullo snaturamento della connotazione politica del partito. Il Partito democratico era nato con un’ aspirazione a ricoprire il ruolo che nei paesi anglosassoni, a sistema bipolare, viene assunto dal movimento progressista, in opposizione a quello conservatore di destra. Sappiamo che il connubio tra popolari e democratici di sinistra non ha dato esiti molto lusinghieri nè per quanto riguarda la convivenza interna, nè per quanto concerne l’esito elettorale. A dispetto del lungo cammino percorso insieme da queste due forze al fine di raggiungere l’obiettivo comune della fusione in un unico partito, le due componenti hanno continuato a collidere in modo anche assai grave e stridente, specie nelle questioni in cui era posta in discussione la loro diversa estrazione ideologica. 
L’attrito si è fatto più forte di recente in occasione della crisi politica che ha investito il PDL. Alle intenzioni manifestate dal responsabile della segreteria politica del PD, di voler aprire alle forze del vecchio ulivo, è insorto l’ex segretario Veltroni, il quale ha rivendicato l’originaria vocazione del partito, nato con la sua aspirazione a diventare unica forza progressista dentro ad un sistema politico bipolare di impronta anglosassone. Oggi sappiamo che queste architetture politiche sono poste in discussione a causa della scissione all’interno del PDL, ed il conseguente formarsi di un terzo polo, derivante dalla fusione prospettata tra alcuni movimenti, tutti, tranne l’API, transfughi della maggioranza di governo berlusconiana.
 Si pensava, pertanto, che il PD mantenesse, comunque, la sua collocazione dentro al panorama politico, di secondo polo, dopo il primo rappresentato dal PDL. Ed invece è intervenuto, in questi giorni, questo cambiamento di strategia politica da parte della segreteria PD, che afferma di voler intessere un nuovo rapporto di collaborazione politica, in vista di nuove elezioni, con il c.d. grande centro in corso di formazione, ed ipotetico terzo polo. Tutta la geografia politica ne verrebbe, pertanto, sconvolta. Dentro allo scenario politico nazionale, verrebbe a mancare non solo una seconda forza democratica progressista, ma  verrebbe posto in discussione lo stesso disegno di un sistema politico maggioritario, in cui gli schieramenti contrapposti, sono concepiti come poche forze politiche tra loro ideologicamente ben distinte, portatrici di interessi economici e sociali che siano potenzialmente in grado di esprimere una reale maggioranza ed opposizione parlamentare.
 Constatiamo, invece, la tendenza reale ad amalgamare forze politiche sulla base solo di un fronte comune al pericolo di una deriva autoritaria del berlusconismo. Questa linea politica inedita della direzione del partito costituisce una smentita della posizione ufficiale che prevedeva, nel caso di sfiducia al premier, la possibilità di un governo di transizione con le altre forze di opposizione, compresi oltre finiani ed UDC , anche IDV e forse Vendola, allo scopo limitato di riscrivere la legge elettorale ed andare il più presto possibile di nuovo alle urne. La strategia del PD, dopo il rinnovo della fiducia al governo da parte del parlamento, è cambiata di trecentosessanta gradi. Infatti, la dichiarazione della segreteria del partito di voler instaurare un rapporto di alleanza privilegiato con il terzo polo, riveste, in modo logico ed incontrovertibile,  il valore di una rinuncia del partito alla sua vocazione di secondo polo progressista, ed alla sua collocazione a sinistra dentro al panorama politico nazionale. 
La posizione ufficiale espressa ieri da Franceschini è quella dell’urgenza di una risposta al pericolo di deriva autoritaria rappresentata  dal berlusconismo al tramonto. Innanzitutto, se così fosse veramente, si dovrebbe dare atto che è finito per sempre il ruolo politico che nel sistema ha rivendicato il PD ed il motivo stesso per cui è nato con questo nome. Esso non sarebbe più un partito democratico all’anglosassone. Dovrebbe cambiare nome! Le lamentele sollevate dalla base, a questo riguardo, non sono infondate. Perché mentre Veltroni lamentava questa perdita dello spirito originario quando era stata prospettata l’unione con le sinistre, al contrario, oggi spinge per l’unione con i finiani e l’UDC di Casini. In pratica il problema è quello dello schieramento e posizionamento dentro all’area politica che viene in considerazione. Non è un problema di democrazia. Perché quanto poco democratici siano i finiani e l’UDC, è assai chiaro, considerato che sono ancora fortemente a rischio di ricaduta dentro al regime autoritario di estrema destra. La verità è che i clericali si sentono imbarazzati ed a disagio a causa degli scandali sessuali del premier, non certo per quelli giudiziari, o per divergenze legalitarie o di ordine costituzionale. Non è la paura e l’intolleranza al regime antidemocratico che li trattiene. Che il vecchio centrosinistra, già con l’ulivo di Prodi, avesse in se stesso un’anima assai conservatrice e reazionaria, si sapeva. Non si spiegherebbero, diversamente, tutte le riforme in senso economico-liberista, introdotte da questi governi di centrosinistra, solo a parole, ma di fatto biecamente reazionari, la cui funzione fu quella di aprire la strada alla disfatta dello Stato non solo democratico, ma persino di quello liberale. Il motivo per cui l’elettorato italiano ha deciso di mandare al potere la destra estrema, fu proprio il non vedere alcuna differenza fondamentale ne via d’uscta tra il c.d. centrosinistra ed il c.d. centrodestra, se non il fatto che quest‘ultimo, almeno, era veramente di destra, mentre l‘altro era solo un falso. 
I FINIANI ed i CASINIANI sono come delle piccole greggi di pecore smarrite in attesa dell’ordine del loro pastore di rientrare all’ovile, solo momentaneamente abbandonato perché considerato poco sicuro. Torneranno quando i clericali crederanno di avere superato il momento di crisi per la loro credibilità dentro al partito di Berlusconi. Anche perché il berlusconismo è un sistema politico-economico e sociale che trascende la persona di Berlusconi. Allora, però, la sinistra democratica, laica e sociale, sarà già stata ricacciata  dentro alle fila dell’estremismo extraparlamentare. Senza una vera opposizione democratica di sinistra, il regime avrà , finalmente, mano libera. Il processo di affondamento della democrazia sarà cosa compiuta. Per questi motivi le decisioni prese dall’alto dai dirigenti PD non sono condivisi dalla base, che minaccia di abbandonare il partito. Ecco perché alla fine, l’unica possibilità di opposizione e protesta che rimarrà a disposizione del popolo saranno le forme di auto organizzazione tipo quelle del popolo viola o le manifestazioni di piazza degli studenti e dei lavoratori disoccupati. 
Pertanto, non  vada a dire l’on.le Bersani, dal palcoscenico del TG Rai che chi non condivide la sua linea politica non ha capito niente. Purtroppo, siamo costretti a ricordargli, come abbiamo sempre fatto con i reazionari di destra, che nel XXI° secolo, in Italia, non solo il fenomeno dell’analfabetismo che contrassegnò, il ventennio fascista e che favorì ed anzi consentì l’ascesa ed il mantenimento al potere di Mussolini, non esiste più, ma che, anzi, i giovani ed i meno giovani, di oggi sono dotati, quasi tutti, di cultura universitaria. Non sarà facile dargliela a bere!
Per tutta questa serie di motivi, sono fermamente convinto che se il partito democratico vuole veramente diventare una risorsa per la democrazia ed un baluardo contro l’autoritarismo di destra, deve mantenere la sua posizione di forza del centrosinistra, senza confondersi con altri movimenti, ormai irrimediabilmente compromessi con il berlusconismo.