Il grande dilemma di Bersani, aprire le porte del castello arroccato ai transfughi, Di Pietro e Vendola, o inoltrarsi in territorio nemico alla ricerca della bella fuggiasca UDC.

di Andrea Atzori

E’, ormai, sin dall’unione delle due compagini politiche, popolari e sinistra democratica, ex Pds, dentro alla nuova  formazione di ispirazione anglosassone, destinata a vivere ed operare dentro ad un sistema politico bipolare, che, gli analisti politici, continuano a rilevare il continuo attrito tra le c.d. due anime del PD, quella confessionale, di estrazione ed origine notoriamente clericale, e quella della sinistra democratica,  post comunista, ancora rappresentata dai naufraghi, superstiti e sopravissuti  dell’ex nomenclatura PCI. La fusione tra i due schieramenti politici, in effetti, pare non abbia prodotto il risultato della nascita di un vero, unico partito democratico moderno, laico e progressista.  
La sensazione più diffusa, è che, a non avere accettato questa nuova entità politica sia stato proprio l’elettorato italiano, che, con ciò, ha dimostrato di non avere raggiunto il sufficiente grado di maturità sociale e politica per riconoscere l’importanza di questo elemento per l’evoluzione democratica di tutto il paese. Se vogliamo trarne una verità assai evidente, si direbbe che la componente clericale del PD sia, ancora e sempre, rivolta, nostalgicamente, alla sua vecchia casa democristiana. Il suo sogno è quello di riunirsi agli altri asteroidi dispersi che, per usare un’espressione presa in prestito dall’astronomia, costituiscono la spazzatura spaziale derivante dall’implosione della grande stella, la DC. 
Ebbene, si può, da una tale analisi, rendersi conto di quanto fosse leale, seria, e degna di considerazione quella predisposizione manifestata dai popolari, di fondersi con gli ex comunisti, per dare vita ad un grande partito democratico! Ecco la prova, se ve ne fosse bisogno, dell’impossibilità di realizzare in Italia, un moderno sistema politico bipolare, non solo, ma persino di garantire una forma democratica di Stato. Non potremmo mai sottovalutare, in tali frangenti, la gravità della situazione politica italiana. Il c.d. grande centro, ipotetico terzo polo, ancora non è neppure nato, e già si comincia a far balenare l’idea di imprimere al PD la  spinta che lo costringerà ad addentrarsi verso il territorio nemico di una destra, conclamatamente estrema,  che condurrà la sua  componente di sinistra, verso un sicuro  disastro. 
L’insidiosità della mente politica clericale è un pericolo immanente per l’intero complesso istituzionale democratico e sociale. L’allargamento a sinistra di un’entità politica di stampo democratico, era un’eventualità assolutamente presupposta a priori, di per se stessa insita nella stessa ragion d’essere di un movimento di pensiero politico e sociale quale un partito democratico. Anzi, direi, il solo concepire di rendere estraneo al processo di evoluzione democratica del paese uno strato sociale tanto vasto, quale quello ricoperto dall’ex PCI, è già, di per se stesso una chiara dimostrazione della tendenza estremista, illiberale, e totalitaria del ceto clericale. Il disegno politico, evidentissimo,  dei clericali è quello di ricacciare la sinistra democratica dentro la gabbia dell’estremismo extraparlamentare, riesumando, forzatamente, la leggenda metropolitana di un comunismo clandestino ed illegale, a cui continuare ad imputare le colpe del disastro economico, politico e sociale in cui è precipitato e continuerà, vieppiù, a precipitare il paese.
 In pratica, l’obiettivo ineliminabile a cui tende la politica della città stato vaticana, è quella di mantenere il controllo di tutta la vita pubblica italiana. 

A costo di calpestare e distruggere la stessa unità ed identità nazionale. Il vero capro espiatorio sono gli ex comunisti, quelli nei cui confronti è stata preparata la trappola. Noncuranti del fatto che questi, quelli veri, hanno dormito e forse ancora dormono nel lettone del premier. 

Queste sottigliezze, ai clericali non interessano, perché la posta in palio è il potere, quello che frutta il mantenimento dei privilegi per il clero, i finanziamenti pubblici per le loro scuole, il sistema clientelare, i favoritismi, in una parola, le mani in pasta sul tesoro pubblico. Non è un caso se il primo ad essersi opposto alla fusione dell’IDV e di Vendola con il PD è stato Enrico Letta. Perché un Letta, sia esso Gianni od Enrico, non è compatibile con il progetto di un moderno partito democratico di impronta e stampo incondizionatamente laico.
 Ma, se questi sono i termini della questione, l’esperimento del Partito democratico è finito. Perché, comunque venga chiamata quella cosa che appare essere non  un fenomeno politico ma piuttosto  simile ad un “inciucio”,  cioè al di fuori dello schema di una seria valutazione di opportunità politiche, è del tutto scontato che si tratta della dichiarazione di morte per il Partito democratico. L’area della destra estrema illegalitaria, antinazionale, esterofila, leghista, clericale ed antiitaliana, spazierà senza alcun argine nè frontiera, da un estremo all’altro del panorama politico nazionale. 
La tendenza a non rispettare i diritti dello Stato all’integrità del suo patrimonio pubblico, e quello dei cittadini a godere dei pubblici servizi, determinerà un sempre più grave conflitto ed aperto scontro con la magistratura, con l’inevitabile riproporsi, a livelli politico, dei progetti di limitazione dell’autonomia del potere giurisdizionale da quello esecutivo. Si tornerà, inevitabilmente, agli stessi metodi del berlusconismo, con o senza Berlusconi. 
L’insofferenza di questa classe dirigente, per il metodo democratico è una realtà inconfutabile. Finchè il potere continuerà ad essere concepito come un’ emanazione della divinità, finchè si continuerà con questo antistorico connubio  tra politica e religione, che ancora sussiste solo nei regimi teocratici più arretrati, la fine del berlusconismo sarà ancora molto lontana. Perché questo tipo di regime che ha contrassegnato, amaramente, la storia d’Italia a cavallo di questi due secoli, non è la persona di Berlusconi in se stessa. Ma è quella di coloro che, dal secondo dopoguerra in poi, sono sempre stati  dietro le quinte del potere, nascosti dai veli del loro sacrissimo ministero religioso. 
Ecco che d’un tratto, come per una magia, quella stessa classe dirigente che ha determinato il disastro della nazione, riappare nuovamente candida, come immersa nel lavacro di un’acqua santa purificatrice o, meglio, depuratrice. I cattolici sarebbero, solo e sempre, i veri santi, gli uomini più onesti, adatti per essere chiamati a svolgere le funzioni pubbliche, senza alcun riferimento ai vecchi esempi che di questo uso del potere ha fatto quel partito che ha contrassegnato la storia della nazione dal secondo dopoguerra, trascinandola nella catastrofe.  
Per questa serie di motivi,  credo che l’elettorato di sinistra, e tutta la struttura di sinistra del PD non sia d’accordo su questa decisione di spingere il partito alla rincorsa dell’UDC di Casini e del c.d. grande centro, rifiutando le “Nozze”, proposte da Di Pietro e Vendola. Credo che un’eventuale terzo polo, se si arriverà, come pare, allo sfascio del PD sia soltanto quello che nascerà dall’unione di tutti i reduci e transfughi della sinistra, di per se stessa democratica, vera ed autentica con l’IDV di Di Pietro. Coscienti e memori del fatto che la democrazia di tipo europeo ed occidentale, non quella dei clericali, in Italia, è ancora ben lontana dall’essere impiantata. Perché il vero pericolo per la democrazia italiana, ed anche per l’integrità territoriale della nazione, è proprio l’invadenza sconfinata e senza limiti del clero sulla “res pubblica”, che impedisce il sorgere di un vero Stato libero, “democratico e laico“.