Il presidente Napolitano ed il suo malinteso senso di solidarietà nazionale.

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Di Andrea Atzori



Il messaggio del presidente Napolitano sull’urgenza di predisporre misure economiche efficaci a fronteggiare la crisi economica  in atto , pur essendo in buona fede, non tiene conto della contrapposizione feroce che ha contraddistinto questa legislatura, tra le forze politiche su questioni fondamentali che attengono al rispetto dei principi costituzionali. La richiesta formulata dal Presidente è da leggere come un pressante invito rivolto alle opposizioni  a condividere la manovra economica del governo al fine di una sua sollecita approvazione. Tutto ciò, sulla base di un malinteso senso di solidarietà nazionale.  Fin dal primo atto di insediamento di questo governo, ogni occasione è stata buona per sollevare lo scontro istituzionale. La pratica della legislazione per decreti legge, non è normale in democrazia. Come non lo è il ricorso pedissequo alla fiducia. L’assalto alle funzioni pubbliche ed al patrimonio dello Stato, visto solo come un mezzo per accaparrarsi risorse finanziarie da destinare alle spese della politica e dell’imprenditoria arrembante, mentre la disoccupazione continuava a salire in modo inarrestabile, è un affronto a tutta la classe operaia ed ai cittadini virtuosi che pagano le tasse. E’, inoltre, una distorsione del concetto giuridico stesso di imposta, che deve la sua natura al fatto che il cittadino, tutti i cittadini, in base alla loro capacità contributiva, devono concorrere alle spese dello Stato, cioè alle spese necessarie ed indispensabili al mantenimento e funzionamento dei pubblici servizi. Tutto questo significa che, il prelievo fiscale non può essere finalizzato al sostegno e tanto meno all’arricchimento ingiustificato delle imprese che operano, oltretutto, in un regime di libero mercato, in cui è vietato allo Stato di intervenire come elemento regolatore, per taluni, perturbatore, per altri, delle regole del gioco, cioè, appunto, la libertà economica, in cui la prevalenza deve essere garantita al contendente più efficiente e preparato. Si fa un gran parlare, da parte di questi pseudi statisti, di efficienza nella pubblica amministrazione, che pure è un problema importante, che va affrontato. Ma non in questi termini. La vera efficienza da salvaguardare è quella delle imprese, che si può esplicare, secondo i principi del liberismo economico, solo con  la libertà del mercato, cioè  la non interferenza dello Stato nel meccanismo del libero mercato, che non tollera  l’introduzione di regole che intralcino lo svolgimento senza ostacoli del confronto tra le imprese, in modo che a prevalere sia sempre il più forte. Infatti, il liberismo economico non garantisce a tutti gli imprenditori il successo economico. E’ proprio il contrario, perché, esso si basa sul principio della selezione naturale, in base al quale, a prevalere deve essere, sempre e solo, il più forte. Il modo migliore per far sì che questo non si verifichi, sono i finanziamenti pubblici alle imprese, ottenuti, oltretutto, con i tagli alle spese dei pubblici servizi. Che la pubblica amministrazione abbia bisogno estremo di essere rigenerata è indiscutibile, ma non sulla base delle argomentazioni per cui il pubblico deve cedere il passo al privato. Pubblico e privato devono rimanere due sfere rigorosamente separate. Perché, ciascuna di esse opera in settori diversi e per il conseguimento di finalità diverse. Per essere giuridicamente legittimo, il taglio delle spese pubbliche deve essere preordinato alla diminuzione del prelievo fiscale. Per rimanere salvaguardato il principio della progressività impositiva, come previsto in costituzione ed avvalorato da un comune senso di razionalità umana, le imposte devono essere alleggerite a tutti i cittadini, qualora si verifichi una contrazione dei servizi pubblici, in seguito ad un taglio delle spese. Cioè, non è possibile che un’eventuale diminuzione della pressione fiscale, possa interessare solo le imprese e non i lavoratori dipendenti. Un governo paralizzato dalle sue stesse incapacità operative, oltre che da questioni attinenti i tantissimi scandali giudiziari dei suoi esponenti di maggiore spicco, non è meritevole di ottenere una fiducia bipartisan, dello schieramento politico istituzionale. Per questo motivo non credo al valore morale di un appello che voglia richiamare ad un senso di responsabilità delle opposizioni circa il varo della manovra finanziari richiesta, pressantemente, dal mercato finanziario e dalle istituzioni europee. Perché, credo che l’interesse prevalente del paese sia quello di un cambio di leadership politica, oltre che di classe dirigente nel suo complesso, che riconquisti la sua autorevolezza, prima di tutto con il buon esempio. Abbiamo bisogno disperato di morigeratezza nella vita pubblica di questo paese. A cominciare dall’organo di teleradiocomunicazione pubblico, cioè la RAI. In tempi di crisi economica profonda, come quella che stiamo vivendo, questo mondo di vanità e smodate ricchezze, non può permettersi di sbattere in faccia alla gente onesta, il suo incontrollato piacere di apparire e pavoneggiarsi. La crisi del mondo operaio è un dramma assai grave e minaccioso. L’élite economica e sociale, non si può nascondere dentro al suo olimpo, perché si scaverebbe la fossa da sola. Purtroppo, in Italia, sta accadendo proprio questo.      Pur nel massimo apprezzamento per la persona del Presidente Napolitano, non mi sento di condividere il suo pressante appello alla solidarietà nazionale, rivolto alle opposizioni, in questa terribile circostanza della crisi economica e finanziaria che ha attanagliato il paese. Oggi la nazione è praticamente bloccata dallo sciopero generale indetto dalla CIGL, in seguito all’estrema inadeguatezza di una manovra finanziaria che colpisce solo ed esclusivamente le categorie più deboli del mondo del lavoro e la pubblica amministrazione, cioè i soliti noti, mentre non sfiora neppure di striscio i grandi capitalisti, che di questa crisi sono forse i maggiori responsabili.  Se dobbiamo credere all’idea che far passare questa manovra, che approda oggi in Senato, con la complicità imposta alle opposizioni politiche, costrette a piegarsi, perché la priorità sarebbe quella, senza neppure chiedersi se le misure economiche decise, oltre che sufficienti siano anche idonee e non controproducenti, allora, mi chiedo, la lotta ed il sacrificio dei lavoratori in sciopero e a manifestare in piazza, a cosa serve? A cosa serve un monito rivolto alle opposizioni, che non sono mai state prese in considerazione al momento in cui quelle misure finanziarie restrittive, sono state concepite e decise? La maggioranza ha sempre rifiutato un confronto con l’opposizione come si trattasse di una petizione di principio. Perché aveva i suoi interessi da difendere e salvaguardare. Infatti, questa in essere non è una manovra finanziaria diretta a rassicurare i mercati e l’UE. Essa si propone e si manifesta sotto  le spoglie più perfide della conferma e difesa dei privilegi delle classi sociali abbienti, un’ affermazione dei principi ideologici di destra estrema, oltrechè di propaganda e diffusione di quelle stesse, inutili e perverse piattaforme programmatiche che hanno costituito e costruito il fallimento di tutta la politica economica e finanziaria di questo esecutivo. Già in occasione della precedente manovra, approvata qualche mese fa, il presidente della repubblica indirizzò alle opposizioni questo pressante appello al senso di solidarietà nazionale. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Un fallimento immediato dovuto all’assoluta inconsistenza delle misure economiche introdotte, bocciate sia dagli organi finanziari internazionali oltrechè nazionali. La verità è che, le opposizioni, votando questa manovra incongruente, contraddittoria  e, per taluni versi, incostituzionale, si rendono colluse e complici delle sue dissennate disposizioni. Esiste il rischio reale che il loro stesso elettorato ed i cittadini in genere le percepiscano come corresponsabili del danno prodotto al sistema economico-sociale, ponendole sullo stesso piano della maggioranza, sulla quale, invece, come di norma, dovrebbe ricadere l’intero carico della responsabilità politica a questo riguardo.