La corruzione italiana alla ribalta delle cronache internazionali

 

 

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 di Andrea Atzori

In Italia, nella sua capitale, a Roma “caput mundi”, è accaduto che si è scoperchiato il vaso di Pandora. E’ venuto fuori il marcio che erode e corrode le fondamenta della repubblica. Non una novità, tutt’altro. Niente di sorprendente, di imprevedibile. Anzi, una conferma di ciò che già era scontato. 

 Che la corruzione non solo politica, ma a livello sociale integrale, fosse una caratteristica dell’uomo latino, in particolare quello italico, è sempre stata una verità non solo non smentita, ma neppure contestata. Proprio questa sua particolare incompatibilità con le regole dell’onesto vivere civile, fa dell’italiano il nemico numero uno della democrazia, come sistema di convivenza fondata sul rispetto delle regole. 

 Regole generali valevoli per tutti, nell’ambito di un riconoscimento senza condizioni, del valore della dignità umana, fondata sull’autodisciplina personale e sulla responsabilità individuale. In Italia è nata la dittatura fascista del ventesimo secolo, poi esportata in tanti altri angoli della terra, in cui il seme dell’insofferenza alle regole trovava l’humus suo più favorevole ed accogliente. 

 Non è un mistero per nessuno che, il fatto stesso di considerarsi al di sopra delle leggi, implichi una presunzione personale che, oltre a far sentire la persona più in alto delle altre, superiore e diversa, è tale anche da convincerla di essere costei più vicina agli dei che agli uomini.  

Ecco, quindi, spiegato il meccanismo psicologico che induce un uomo ed un intero popolo, a porsi al di sopra della legge, farsi Stato e intraprendere quel tortuoso e rischioso cammino che conduce diritto alla tirannide. La fase di rientro verso la stretta autoritaria, era già stata innescata dalla contrapposizione feroce e senza esclusione di colpi, tra socialismo e democrazia, a livello internazionale. Dalla forma di disciplina e superamento dei conflitti sociali, già in limine confluiti e contenuti nella questione regina, madre di tutte le contese di ordine generale ed assolute, cioè quella sociale, era implicita la nuova piega che avrebbero preso gli eventi dell’era moderna. 

 Se come accaduto, in  particolare in Italia, ma non per caso, considerata la sua storica predisposizione e favore verso la figura del superuomo, coltivata ed adorata fin dalle ere più remote, l’antitesi delle libertà e della democrazia fosse stata rintracciata oltrechè nel socialismo anche nella forza vincolante e impositiva dello Stato e delle sue leggi, questo sarebbe stato l’innesco di un processo di autodistruzione dell’intera comunità nazionale ed internazionale. Purtroppo è stato questo il risultato che l’esperienza storica di questi ultimi decenni di fine del vecchio ed inizio del nuovo secolo ci ha consegnato.  

L’obiettivo della lotta ai regimi socialisti è stato il pretesto coscientemente voluto e cercato, per una contrapposizione spietata, senza esclusione di colpi, allo Stato moderno; nato in Francia, durante il regno di Luigi XIV°, le Roi Soleil ( 5 settembre del 1638 – 1 settembre del 1715). Il suo regno durò settant’anni. Divenne Re all’età di 5 anni. Parola d’ordine dei post comunisti fu “Liberismo contro Statalismo”. La teoria economica concepita da Adam Smith, nel XVIII° secolo, secondo cui non sono ammesse interferenze dello Stato nel mercato dei beni economici, per non turbare il naturale decorso della lotta tra due contendenti sulla falsariga di ciò che accade in natura, contro l’idea Keynesiana che per conseguire l’obiettivo della piena occupazione, lo Stato è tenuto a regolamentare il mercato dei beni economici. Quindi, la contesa, il confronto agonistico tra regimi socialisti e quelli democratici, dal terreno politico era, ormai, scantonato, in quello puramente economico. Non guerra al socialismo ma alla stessa democrazia sociale. La destra assolutista, aveva deciso di disfarsi dell’opposizione di sinistra, unificando e uniformando tutto il panorama politico, assorbendo in se le minoranze e creando il partito unico. Una conseguenza già insita nelle stesse premesse. L’intolleranza ideologica sfocia sempre nelle dittature. Il pensiero unico. Politica e mercato al servizio dell’impresa. L’azienda che spezza i freni e le catene, intollerante di regole e limiti alla sua azione. Il normale processo, ben conosciuto storicamente, del risorgere dalle ceneri, del potere politico consegnato in mano all’imprenditoria. In Italia, il potere di un imprenditore è durato un ventennio ed ancora persiste per mano di un suo delegato, per le note vicissitudini assai ignominiose per l’onore ed il decoro della nazione.  

La verità è che il liberismo radicale, per essere rispettato integralmente al fine di impedire le degenerazioni che esso inevitabilmente coinvolge e trascina con sé, richiede più regole e severità punitiva, di quanto mai si potesse immaginare essere richieste in regime economico di statalismo. Il fenomeno è assai conosciuto e di una chiarezza disarmante. Crollata la fiducia nel sistema socialista, non ci si è limitati a condannare ogni espressione e forma di organizzazione collettivizzata, ma si è puntato il dito proprio su ciò che rappresentava la garanzia di sopravvivenza per il cittadino comune ed il suo bisogno di protezione e tutela, cioè lo Stato e le sue leggi. 

 La classe dirigente al potere non ha perso tempo nel riformare, incessantemente, l’assetto istituzionale dello Stato, con il pretesto di modernizzarlo, ma in realtà per finalizzarlo, esclusivamente, ai propri bisogni e desideri personali; cioè renderli superiori agli altri esseri umani comuni, svincolandoli da qualsiasi sudditanza alle norme giuridiche. Il politico è così divenuto “legibus solutus”, sciolto e libero da doveri od obblighi giuridici, è divenuto un superuomo, un dio in terra. La lotta al socialismo aveva cominciato a ripagare le classi sociali dei privilegiati, le nuove aristocrazie del danaro, cresciute all’ombra della Chiesa di Roma. Roma da caput mundi è passata ad essere capitale della corruzione.

  

Ma questo processo era già iniziato da molto tempo prima  e non come reazione al comunismo, ma alla stessa democrazia ed ai suoi principi egualitari e di libertà. L’art. 3 della costituzione repubblicana, il principio di uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge, è il grande ostacolo di cui Chiesa e politica aspirano a sbarazzarsi, perché è quello la cui rimozione ha il potere di farli avvicinare alla condizione e natura degli dei. Nel rispetto di questo principio, divenne legge che le prove scritte di tutti i concorsi pubblici, per garantire l’anonimato e, pertanto, la parità di trattamento di tutti i concorrenti, si sarebbero dovute svolgere nel rispetto delle procedure concepite a questo scopo. Cioè i compiti corretti in modo anonimo, incognito, in quanto il nome del concorrente a cui la singola prova afferiva, non poteva essere conosciuto se non dopo l’espletamento della fase di correzione degli stessi. 

 Ciò non è stato rispettato, per favorire i raccomandati, cioè per tramandare nel futuro la figura del superuomo. Nel rispetto, della dottrina cristiana piuttosto che della costituzione della repubblica. Da qui passa il filo che separa il progresso dalla barbarie. L’odio contro i sistemi socialisti, venne giustificato adducendo una loro sovversione dei principi naturali imposti attraverso l’atto della creazione. Il socialismo considerato dalla cristianità come regime politico ed economico contrastante i principi naturali di libertà dell’uomo nella lotta per la conquista del potere e delle proprietà private.  

 In natura, ogni specie di animali si organizza in branchi  a cui viene selezionato un capo. Gli insetti, come formiche ed api, hanno una loro regina a cui vantaggio dedicano tutta la loro esistenza, con impegno e lavoro proficuo e ben organizzato, al solo scopo di ingrassarla e consentirle l’esplicazione integrale ed esclusiva della funzione riproduttiva. Se dovessimo dare credito a queste sciocchezze, dovremmo dedurne che anche i cristiani ammettono che l’uomo si comporta e deve, anzi, per rispetto e fedeltà al volere divino, conformare le loro azioni alle leggi della natura, valide dagli insetti e tutti gli altri animali, fino all’uomo.  

Ma se così fosse ne dovremmo dedurre, che anche l’uomo è un animale come tutti gli altri, la cui linea evolutiva, come confermato dalla scienza, non conosce strappi o deviazioni. L’uomo in natura, avrebbe e dovrebbe avere, per i clericali, un tipo di comportamento sociale identico a quello degli altri animali. Forse perché è anche lui un animale? Come si giustificherebbe diversamente questa asserzione? Si rendono conto di essere costretti a ricorrere ai processi, molto primitivi e barbari, adottati in natura dagli animali, per salvaguardare il loro sistema organizzativo, ma non si rendono conto che ciò fa crollare, senza alcun dubbio, la stessa teoria creazionista. Se l’uomo si comporta come le altre bestie, anche lui è una bestia come le altre. La spiritualità e l’intelligenza creativa dell’uomo, atta a distinguerlo dagli altri animali partoriti all’esistere dalla natura, non avrebbero un riconoscimento, a livello di fede religiosa. Una vera e propria zappa sui piedi!

 Il diritto dei commissari d’esami ad aprire le bustine con i nomi dei concorrenti prima delle correzione dei compiti delle prove scritte dei concorsi pubblici, per i liberisti, sarebbe basato su questa deludente considerazione. Come gli insetti, anche l’uomo deve accettare la sottomissione  ai suoi capi, così come risultano selezionati dalla volontà di Santa romana Chiesa, depositaria del volere del dio onnipotente. Ecco che un reato, punito dalla legge penale, non è più tale, anzi, diventa una forma di merito morale, altamente premiato e ricompensato. Il vero merito personale, tanto esaltato e fatto risaltare, evidenziato, con pennarello rosso, dentro al complesso normativo del nostro sistema costituzionale, non solo non avrebbe alcuna dignità tale da esserne riconosciuto il valore, ma ignorato e con ciò, ritenuto non degno di alcuna forma di protezione giuridica.  

 Questo è ciò che è sempre accaduto agli scritti dei concorsi pubblici. Quello poi, che succede agli orali, si può solo immaginare. Non solo, ma da mettere nel conto delle valutazione da formulare ci sarebbero, in primo luogo anche gli esami orali e scritti, di ogni scuola di ogni ordine e grado. Solo così ci si può rendere conto di quanto sia ingiusto un sistema politico e sociale. Le crisi storicamente ricorrenti, sia economiche che politiche, dei regimi capitalisti, non sono senza una ben plausibile spiegazione!

 Ecco che non c’è poi da meravigliarsi se ai vertici del potere si ritrovano personaggi del tutto sprezzanti di leggi e giustizia. Che non riconoscono l’autorità dei magistrati e che dentro agli organi  legislativi sono impegnati, esclusivamente, ad emanare leggi ad personam, dirette a renderli immuni da tutti i reati commessi nel corso dei loro eterni e lucrosi incarichi pubblici. Metodi di scalata al potere ed accaparramento delle risorse finanziarie, che alla luce della sensibilità consegnata alla storia dalle costituzioni democratiche e recepita dagli intelletti onesti, sono senz’altro di chiara origine malavitosa., come infatti emerge dalle incessanti indagini svolte dalle forze dell’ordine e dalla magistratura.

 Alla restante parte della società non restava altro da fare che  adeguarsi a questo modo di gestire il patrimonio pubblico. Il legislatore fa tendenza e la Chiesa cristiana crea i suoi ponti tra il divino e l’umano. Risultato, la criminalità organizzata, feroce e senza scrupoli, instaura il suo sistema di governo del territorio. Il N.Y.T può titolare il suo articolo sulla corruzione italiana, affermando senza mezzi termini, che la corruzione non sta solo nei palazzi del potere, ma è diffusa in tutto il tessuto sociale. E’ diventata una vera e propria scuola, una religione, uno Stato. In Italia non esiste verità e questo sarebbe nel segno del dio cristiano? Penso che siano questi i segni forti della fine, molto prossima, di questo abominevole mondo!