Se Putin uscisse di scena, al potere salirebbero i generali. Sarebbe dittatura militare in funzione della guerra.

 

 

 

Di Andrea Atzori

 

 

 

La crisi mondiale innescata dal colpo di Stato in Ucraina, sta, lentamente, degenerando e facendo maturare gli eventi presupposti ad esso logicamente connessi, attraverso un rapporto di causa ed effetto.

 

 

La Nato è arrivata ormai alla frontiera con la Russia, il suo grande rivale dopo la fine dell’ultimo conflitto mondiale. Ha bussato alla sua porta e le ha intimato di arrendersi. Ha, in sostanza, lanciato un ultimatum. O consegni a noi la chiave di casa tua, oppure sfonderemo l’accesso con la forza e ce ne impadroniremo comunque. A voi la scelta. La situazione sta precipitando.

La Russia, non solo è stata estromessa da tutti gli organismi internazionali economici e finanziari, di natura consultiva e decisionale, ma è stata fatta segno di espressioni ingiuriose alla stregua di insulti offensivi, in persona del suo Presidente, Vladimir Putin. In varie occasioni, tutti i più alti rappresentanti istituzionali russi, dal ministro degli esteri Lavrov, al primo ministro Medveded, allo stesso presidente Putin, hanno dichiarato di essere aperti al dialogo, ma di non accettare intimidazioni o condizionamenti, cioè il “linguaggio della violenza” come lo chiamano.

Ogni guerra ha carattere di invasione territoriale, comunque la si voglia camuffare. Le missioni di pace della Nato, hanno anch’esse prodotto un’occupazione di tutti gli Stati contro i quali sono state esercitate. A cominciare dalla guerra in Kosovo. E’ stata una guerra vera, non fredda, persa dalla Russia, senza combattere. L’Orso russo è arretrato fino ai suoi confini, lasciando che saltassero, uno ad uno tutti i cuscinetti, rappresentati dagli Stati Balcanici, che servivano ad attutire l’attrito tra i due mondi contrapposti, Occidente contro Oriente.

L’Orso russo è arretrato, chiudendosi nella sua tana. Ha pensato a rinvigorire le forze, in attesa dell’inevitabile momento cruciale, in cui il suo nemico sarebbe arrivato davanti all’ingresso del suo rifugio, a chiederne le spoglie. Il momento è arrivato. L’orso russo è stato circondato e viene costretto ad uscire per difendersi. Non ha scampo.

Putin lo ha detto chiaramente nel suo discordo alla nazione di fine anno, davanti ad oltre 1600 giornalisti che lo intervistavano, sottoponendolo ad un fuoco di fila di domande stringenti. La questione egli sostiene, non è l’indipendenza dell’Ucraina o l’annessione della Crimea. La posta in gioco è la sovranità della Russia, la sua indipendenza nazionale dallo strapotere militare della Nato. Se la Russia non si difende, quell’orso ormai accerchiato e chiuso nella sua tana, verrà fatto prigioniero, gli spezzeranno le zanne e gli taglieranno gli artigli, per poi scuoiarlo ed appenderne la pelliccia ad asciugare.

Così si è espresso Putin dinanzi ai giornalisti. Gli Stati uniti hanno già dispiegato le loro truppe ai confini con la Russia, e vi hanno installato le batterie di missili-antimissile. Insomma, mentre Cuba diventa un satellite USA, quella Cuba protagonista della famosa crisi del 15 ottobre 1962, che tenne il mondo con il fiato sospeso, per l’imminente pericolo di uno scontro militare tra USA ed URSS e conseguente catastrofe nucleare, la Russia si trova, a parti invertite, in una situazione assai peggiore di quella del suo nemico di oltre 50 anni or sono. Eppure continua a recitare la parte della belva sotto assedio, chiusa nel suo antro, in attesa che gli assalitori la vengano a prendere. Ma ben decisa a vendere cara la sua pelle!

Intanto il presidente Usa, Barak Obama, ha incassato l’autorizzazione del congresso americano ad usare la forza contro la Russia che si ostina a resistere contro gli ordini provenienti da Washington. Dichiarandola una minaccia contro la pace nel mondo e regno di Satana, come viene definita dentro ai palazzi del Vaticano; l’occhio di Sauron, sulla scia della trilogia cinematografica tratta dai romanzi di Tolkien, che doveva apparire, addirittura, sul grattacielo della Warner Bross a Mosca, in occasione della prima del film “La battaglia delle cinque armate”, parte della trilogia della serie “Lo Hobbit”, ma è stato oscurato per intervento del patriarca ortodosso. Pare che adesso si potrà vedere solo con l’ausilio di un iPhone o iPod.

In base a tale autorizzazione, l’esercito della Nato è già arrivato a meno di 300 KM dal confine Russo e si pensa che l’inizio delle danze avvenga in meno tempo di quanto ci si aspetti. Intanto Putin è sotto pressione interna ed internazionale a causa della crisi della moneta nazionale russa, il rublo, la cui tenuta è stata messa sotto pressione dalle sanzioni economiche decretate dall’occidente. In realtà il fenomeno della dipendenza della politica monetaria di tutte le nazioni del mondo dal dollaro, ufficialmente riconosciuta come moneta di scambio nei mercati internazionali, le rende schiave di un sistema da cui possono subire dei forti condizionamenti, in qualunque momento.

 

La Russia, infatti, conscia di questa realtà, sta cercando di costruire una nuova banca internazionale con gli altri paesi del Brics, a cui attingere i fondi per i finanziamenti, nonché una nuova moneta diversa dal dollaro USA, per le transazioni internazionali. Nel mentre, anziché in dollari, gli scambi commerciali avverranno in oro. Putin, infatti, aveva già deciso di vendere le riserve di dollari accantonati, per comprare oro, anche in previsione di un imminente conflitto mondiale. In stato di guerra, infatti, le riserve di oro sono l’unica garanzia su cui basare sia i consumi che gli investimenti. L’abbassamento ad arte, del prezzo del petrolio, avrebbe fatto il resto.

In effetti, niente è compromesso se non la pace planetaria, che a questo punto diventa veramente un enigma conservare. Le riserve di oro accumulate dentro alle casse dello Stato, dovrebbero consentire alla Russia di evitare un crollo come quello del 1998, durante la presidenza di Boris Eltsin. Che scontava lo scotto della corruzione dentro al sistema socialista e aveva perciò carattere economico e non monetario. La Russia di oggi non ha debito pubblico. Al contrario degli USA in cui, per calcolare il livello del deficit statale, ormai astronomico, si deve fare ricorso alla misura di calcolo utilizzata dagli scienziati per il macrocosmo, cioè l’anno luce.

Intanto, una domanda sta affiorando spontanea, alla mente degli analisti di geopolitica. Se Putin, che pure gode di un consenso abissale dentro alla società russa, dovesse essere messo in crisi dalle pressioni esercitate dagli oligarchi che detengono una grande quantità di patrimoni finanziari nelle banche occidentali e che, pertanto, sono assai penalizzati, a seguito delle sanzioni economiche occidentali, potrebbe accadere che verrebbe costretto ad uscire di scena. Ma questo non sarebbe un successo per l’occidente, tutt’altro. In Russia non accadranno rivoluzioni colorate che sovvertono il governo legittimo. Piuttosto qualcosa, di tanto più drammatico, per l’emisfero occidentale, di ciò che lo stesso Putin potesse causare.

Infatti, Putin è l’uomo russo del dialogo, anche se rigido ed autoritario. Putin è un esponente politico di estrazione democratica. Deve fare i conti con il suo stesso sistema. Infatti, si ferma sempre prima del baratro. Segue la strada della diplomazia a tutti i costi. Nonostante le premesse siano del tutto proibitive ed inconciliabili con la strategia diplomatica.

Ma il tempo della diplomazia è ormai scaduto. L’accusa dello stesso Pentagono rivolta a Putin, in senso derisorio, di essere un insicuro, è dovuta a questa particolare sua caratteristica che è anche, prima di tutto, un ruolo da svolgere, per il quale è stato chiamato al suo incarico. Ma Putin non può fare la guerra. Egli la prepara. Ed il tempo della guerra è giunto. Putin ha finito, probabilmente, la sua missione.

Dopo l’affondamento del sommergibile Kursk, da parte degli americani, egli era stato appena nominato presidente per la prima volta. In quel disastro navale morirono 107 uomini di equipaggio, compresi gli ufficiali. La dolosità del crimine era evidentissima e per i capi del quartier generale delle forze armate russe, era da considerare un vero atto di guerra. Chiedevano e pretendevano la dichiarazione di guerra agli Stati uniti. Cosa che Putin non fece, forse perché si rendeva conto che la Russia non era preparata per un conflitto di quella portata. Per questi motivi, non solo non entrò in guerra, ma destituì i generali che lo osteggiavano, e si mise d’accordo con Clinton per una marea di miliardi di dollari come risarcimento. In tal modo, potè intraprendere il cammino per la rinascita della Russia come potenza militare mondiale.

Oggi, proprio questa interferenza di Putin negli eventi internazionali da fastidio alla Casa bianca. La Russia è di nuovo forte, non teme il suo avversario, anzi gli si oppone e detta la sua legge, com’è accaduto in Siria. Ma, come detto, la Russia non ha più bisogno di buoni politici od economisti. In guerra non servono. Servono, invece, militari e strateghi in grado di guidare un esercito forte e ben equipaggiato. Infatti, lo scioglimento dell’Unione sovietica, venne dettato dall’esigenza di rifiatare. Di riappropriarsi della propria condizione di superpotenza, tale da consentirle di tenere testa al suo nemico assai efferato.

Oggi, non solo quell’obbiettivo è raggiunto, ma per la Russia non ci sono alternative, perché si trova già accerchiata come un orso dentro alla sua tana. Ed allora deve uscire fuori ed ingaggiare la battaglia decisiva per la sua sopravvivenza. Putin potrebbe rientrare nei ranghi ed al suo posto potrebbero tornare al potere i generali. In questo caso, dalle parole si passerebbe ai fatti.

Le tante sciocchezze dette dai vari leader europei e statunitensi, che dipingono una Russia aggressiva, chiusa invece e oppressa nella sua tana come un orso, oppure demoniaca ed infernale, che non rispetta l’ordine di resa, decretato dal pontefice sommo, in esecuzione della rivelata volontà divina, sarebbero solo maleodoranti flatulenze uscite dalla bocca o dal basso ventre di uomini menzogneri e spudorati per professione.