UCRAINA: NATO E RUSSIA AI FERRI CORTI. SCENARI DA GUERRA ATOMICA.





Di Andrea Atzori
La crisi in Ucraina sta assumendo contorni preoccupanti. Che la Russia non se ne stesse con le mani in mano, assorta in preghiera, solo timorosa e spaventata dalle minacce interventiste degli americani, era una circostanza del tutto scontata. 
Si può dialogare con chi pretende di avere sempre ragione, senza tenere conto alcuno delle obiezioni degli avversari? No di certo! Come è possibile, allora, che la Nato consideri un suo diritto intervenire in qualunque teatro di guerra che non la sfiori neppure alla lontana, mentre nega recisamente, che un alleato storico della Russia come è sempre stata l’Ucraina, possa essere da questa difesa nel caso di rovesciamento violento del suo governo? Senza essere stata provocata, la Nato è intervenuta in ogni angolo della Terra, solo a titolo di ambasciatrice dei principi di libertà e democrazia, esportati con la forza delle armi. 
Quando Luigi XVI° venne deposto e messo alla forca dalla rivoluzione francese, verso la fine del secolo XVIII°, tutte le nazioni europee si coalizzarono contro il nuovo potere rivoluzionario. Proprio come per la rivoluzione bolscevica, venne imposto un cordone sanitario. L’alleanza atlantica, cioè la Nato, prevede un vincolo al suo interno, tra le nazioni che la compongono, per cui se una viene aggredita, le altre debbono intervenire in sua difesa. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, l’Europa venne divisa in due diverse aree di interferenza da parte delle due superpotenze uscite vincitrici da quel conflitto, gli Stati uniti e l’Unione sovietica. 
L’Europa occidentale venne assoggettata al controllo e dominio degli Stati uniti che la vincolò con il Patto Atlantico, firmato a Washington il 4 Aprile del 1949, mentre l’Europa orientale, si coalizzò in un’alleanza nota come Patto di Varsavia, elaborato da Nikita Kruscev e firmato a Varsavia il 14 maggio del 1955. L’implosione dell’URSS in seguito alla nota crisi politica ed economica da cui fu devastata, dovuta alla corruzione dilagante a tutti i livelli istituzionali, determinò anche lo sgretolamento del suo impero costituito sulle nazioni balcaniche o, più genericamente slave, a cominciare dalla Germania dell’est che tornò ad unirsi con l’altra sua metà quella dell’ovest.
 Senza più il collante che li teneva uniti, cioè il dominio sovietico, questi numerosi Stati, che uniti potevano tenere testa alle prepotenze dell’occidente, tanto da incutere in esso un vero e proprio terrore che passò alla storia come guerra fredda, essi rimasero, fin da subito, preda di guerre intestine dettate da motivi di contrasti etnici tramandati dai secoli e da cui mai si erano emancipati. Insomma, il principio romano del “divide et impera” è, ancora oggi, validissimo. 
La guerra nei Balcani, scatenata dalla Nato, senza mandato ONU, con il falso proposito di portare la pace in queste regioni, in effetti si avvantaggiò di un momento di debolezza della controparte russa, in condizioni di non potersi opporre militarmente a questa invasione, a causa della propria debolezza sia militare che economica. Senza dimenticare, però, che l’esercito russo scese nel teatro di guerra per occupare una parte del territorio che rimase sotto il suo potere di controllo, anche se sempre nel rispetto degli accordi internazionali, nel frattempo intervenuti.
 E’ doveroso precisare che l’ordine del generale comandante in capo dell’esercito americano in Kosovo, il generale Wesley Clark, impartito al suo vice Daniel Hamilton, di contrapporsi con la forza all’arrivo delle truppe Russe guidate da Boris Eltsin, non venne rispettato, per il terrore di innescare un terzo conflitto mondiale. Il presidente Clinton, successivamente investito del grave caso di insubordinazione, anzichè destituire il vicecomandante, esautorò il generale in capo, giudicando il suo comportamento in contrasto con l’interesse degli Stati Uniti. 
In altre circostanze ho espresso il mio parere secondo cui la guerra in Kosovo non fosse altro che una riedizione della guerra lampo condotta dalla Germania nazista contro l’Europa dell’Est, che aprì il varco all’invasione della Russia da parte del Terzo Reich. Se questo progetto, il terzo tentativo di invasione della Russia, dura da tanto, troppo tempo è solo in virtù del fatto che la sua attuazione implica il superamento di un ostacolo quasi insormontabile, cioè l’arsenale atomico di cui dispone la Russia.
 In questi giorni però, questo programma ha subito un’accelerazione in conseguenza della sovversione del potere legittimo nella nazione Ucraina. Quando una rivoluzione rovescia un regime succede sempre che essa produca dei contraccolpi che sono veri e propri terremoti, dentro alla comunità internazionale. Abbiamo conosciuto la rivoluzione francese e quella bolscevica, i cui effetti nei confronti delle altre nazioni furono sempre di estrema ostilità, tanto che condussero in breve a guerre europee catastrofiche. Non fa eccezione questa rivoluzione ucraina, che ha provocato la fuga in blocco del governo dalla capitale Kiev verso lo storico alleato, la Russia. 
Se la Russia decide di intervenire per reinstaurare il legittimo governo ucraino, non si sta comportando in modo diverso da tutti gli altri Stati europei al tempo delle monarchie assolute, quando la rivoluzione francese mandò al capestro il legittimo sovrano di Francia. Con una sola differenza, quella per cui l’autorità slava non gode della speciale benedizione divina di cui la può gratificare il pontefice massimo. Che pure, oggi si erge maestoso nella sua suprema veste di rappresentante del creatore dell’universo, (un immenso impero, ancora sconosciuto ai più ed avvolto nelle oscurità, vasto oltre 13 miliardi e mezzo di anni luce, di cui i clericali si vorrebbero impossessare, in quanto ministri incaricati di quel sommo architetto), a condannare e scomunicare la Russia di Putin per la sua dichiarazione di guerra indirizzata non solo al potere fantoccio dell’Ucraina, ma, implicitamente, a tutto il mondo occidentale. 
Perché il problema della Russia non è solo quello della rivolta ucraina, ma anche dei missili atomici piazzati in Polonia e Romania dalla Nato e puntati su Mosca. La crisi di Cuba del 1954, fa solo sorridere se paragonata a questa odierna. Non solo Putin, ma tutto l’apparato politico di Mosca ha detto basta a questi soprusi impuniti che minacciano di scaraventare la Russia in uno scenario da brividi da guerra atomica. Quali sarebbero i principi di diritto internazionale per i quali sarebbe giusta la guerra nei Balcani scatenata dagli occidentali senza mandato ONU, con annessione in blocco dei paesi slavi direttamente colpiti e non questa della Russia contro il governo dei rivoltosi istigati dagli occidentali? 
La verità è che non esistono guerre giuste e che il diritto si fonda esclusivamente, sulla forza. Il grande filosofo del diritto Hans Kelsen ha chiarito questo aspetto delle organizzazioni politiche statali, da molto tempo e la sua teoria, ancora oggi è insuperata ed insuperabile. La minaccia degli occidentali per cui la Russia verrà estromessa dal gruppo delle nazioni più industrializzate, fa solo sorridere, dal momento in cui le nazioni più industrializzate, da molto tempo ormai, non sono più quelle occidentali, ma quelle emergenti, anzi già emerse. In ogni caso le guerre sono guerre e basta, per cui la minaccia della esclusione dal G 8, sbandierata come uno specchietto per le allodole, non ha alcun senso, anzi è controproducente, perché può servire solo ad esasperare ancora di più la situazione, se fosse possibile. 
Credo che l’unica possibilità di far recedere Putin dal suo proposito di entrare in guerra contro la Nato, sia quella di disinstallare le rampe di lancio dei missili antimissili, piazzate sia in Polonia che in Romania. Cosa che non avverrà mai. Non per nulla, proprio la Polonia, in queste ore, è quella che teme più di tutti gli altri Stati, la discesa dell’esercito russo. La Nato sta alzando i toni delle sue proteste nei confronti di Mosca, sicuramente in previsione di un suo intervento in guerra, già scontato. Hanno dichiarato di avere revocato il G8 di Sochi. Ma sono solo minacce che denotano quanto siano spuntate le armi di cui dispongono, nei confronti di una Russia che non è sola, dal momento in cui, con il patto di Shangai, essa è legata da vincoli di alleanza sia con il gigante cinese che con l’India ed il Pakistan. Insomma tutte le potenze c.d. emergenti, sono alleate dal patto di Shangai. 
Putin, che ormai è rafforzato dall’autorizzazione ottenuta all’unanimità dalla Duma, di usare l’esercito per invadere l’Ucraina, ha già provveduto ad inviare in Crimea un contingente di oltre 28.000 uomini, oltre a numerosi velivoli e blindati. Altri 150.000 militari sono ammassati ancora alla frontiera, anche se, dalle notizie che arrivano da siti web locali, parrebbe che sia iniziata anche l’invasione delle regioni sud est dell’ucraina, cioè Karkov e Donetsk. Da kiev arrivano notizie di vera e propria isteria. Le notizie provenienti da Mosca hanno gettato nel panico i membri del governo transitorio, che dopo avere chiesto l’intervento in loro aiuto della Nato, hanno richiamato i riservisti e predisposto l’esercito ucraino alla guerra contro i russi. 
Sembrerebbe un conflitto simile a quello cui è stato protagonista il presidente della Georgia, Mikeil Saakahsvili. Sceso con l’esercito a riprendersi l’Ossezia del sud e l’Abcasia, venne respinto dall’esercito russo in poche ore di combattimento. Solo che, in questo caso, la Russia non sarà disposta a rientrare nei ranghi, ma procederà spedita verso il cuore dell’Europa, pronta a riprendersi quell’impero che le spettava di diritto, come nazione vincitrice della seconda guerra mondiale.
 Gli occidentali invasero ed occuparono i Balcani solo sfruttando lo stato di grande crisi economica e politica attraversato dalla Russia negli anni ottanta e novanta. Oggi, che la Russia è rinata, non è più disponibile a subire altri umilianti affronti, e temo che sia giunto il momento della verità, quello che ci potrà informare precisamente, di chi disponga, veramente, dell’esercito più forte in grado di imporre la forza del diritto su questo pianeta. Proprio come teorizzava il grande filosofo Hans Kelsen.